tridimensionàle

agg. [sec. XX; da tri-+dimensione]. Che ha, che presenta tre dimensioni (v. stereoscopia). In particolare, di immagine fotocinematografica che rende l'illusione del rilievo. Per ottenere tale illusione si ricordano nel 1936 il procedimento L. Lumière con occhiali bicolori, quello tedesco e statunitense sul finire degli anni Trenta con lenti polaroid e quello canadese di R. Spottiswoode nel 1951, basato sulla stessa tecnica. Il procedimento non ebbe però fortuna e in seguito solo saltuariamente è stato riproposto con certi film sexy. Sempre più diffusi sono oggi programmi per la realizzazione di grafica tridimensionale (3D), le cui innumerevoli applicazioni spaziano in diversi campi, dall'architettura all'industria dello spettacolo. Basati sul calcolo di algoritmi matematici e l'applicazione di studi di fisica, tali programmi consentono infatti la modellazione tridimensionale per progettazioni meccaniche, edili, navali e aereonautiche, oppure per creare scenografie e paesaggi immaginari, animazioni ecc. La possibilità di vedere sul monitor del computer oggetti tridimensionali implica che le immagini siano sottoposte a un complesso processo di elaborazione, che consta di tre fasi principali: calcoli di geometria, applicazioni di filtri e texture, "fotografia" della scena da visualizzare. Gli oggetti 3D rappresentati sullo schermo sono composti da una serie di triangoli, a ciascuno dei quali è associata una posizione nello spazio, una dimensione e un orientamento. L'immagine appare tanto più dettagliata e precisa quanto più numerosi sono i triangoli che la costituiscono.

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