Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino universítas-ātis, da universus, universo (aggettivo)].

1) Ant. l'insieme degli enti creati o la totalità degli individui di un dato ambiente, universalità: l'università degli uomini; l'università dei minerali.

2) Nel Medioevo, nome generico di varie associazioni o corporazioni di mestiere.

3) Istituto didattico di grado superiore, che porta, al termine dei corsi, al conseguimento di un titolo accademico detto laurea o diploma: l'Università degli Studi di Milano; iscriversi all'università; per estensione: università popolare, istituto che mira a diffondere la cultura tra il popolo con lezioni, conferenze e simili.

Diritto

In Italia l'università ha autonomia e personalità giuridiche proprie (art. 33 della Costituzione); l'amministrazione e il bilancio sono di competenza del consiglio di amministrazione, composto da rappresentanti del governo, della provincia, del comune, da professori dell'ateneo stesso, e presieduto dal rettore eletto dal corpo accademico. Gli organi preposti al funzionamento didattico e scientifico, oltre al rettore e al consiglio di amministrazione, sono il corpo accademico (assemblea di tutti i professori di ruolo dell'università) e il senato accademico (formato dai presidi di facoltà). Le facoltà sono unità didattiche suddivise in corsi di laurea. Vi sono università statali, libere e istituti superiori di grado universitario.

Cenni storici

L'antichità romana conobbe istituzioni di cultura superiore identificabili con le scuole di diritto: fin dal sec. II-III esistevano centri di studi giuridici dove si tenevano lezioni regolari su determinati testi. Nel 425 Teodosio II fondò a Costantinopoli un'università di Stato che fu attiva fino al 1453. I nuclei originari delle università sono ricercati da alcuni storici negli studia, derivati dalle scuole urbane dipendenti dal vescovo il quale aveva il potere esclusivo di concedere la licentia docendi a chi intendeva esercitare l'insegnamento; da altri nella scuola imperiale di diritto di Roma ancora attiva nel 554, trasferitasi in seguito a Ravenna da dove avrebbe contribuito al formarsi della tradizione giuridica dell'università di Bologna. Una caratteristica degli studia medievali era l'internazionalità sia degli studenti sia dei docenti: i gruppi di studenti provenienti da vari Paesi d'Europa erano chiamati nationes. Con il passare del tempo le nationes persero la loro autonomia e si fusero nell'universitas scholarium, associazione di tipo corporativo che si sviluppò, nella sua forma peculiare, tra il sec. XII e l'inizio del XIII, con propri statuti e capi. In Europa, dopo quella di Bologna (ca. 1088), le più famose università fondate nei sec. XIII-XIV furono: Salamanca (1219), Padova (1222), Oxford (sec. XIII), Parigi (Sorbona, 1257), Montpellier (1289), Coimbra (1308), Praga (1348), Heidelberg (1386). Per l'organizzazione i due modelli principali furono Bologna e Parigi: a Bologna prevalse la corporazione studentesca (universitas scholarium) la quale eleggeva il rector (che era uno studente), assumeva i docenti e gestiva in pratica l'università. L'università parigina sorse invece come corporazione unitaria dei maestri e degli studenti (universitas magistrorum et scholarium) con una preponderanza netta dei docenti. Era divisa in quattro facoltà: arti liberali, diritto canonico, medicina e teologia. L'organizzazione degli studi si differenziava secondo i tempi e i luoghi: in linea generale alla facoltà di arti si accedeva verso i 14-15 anni e la frequenza durava 6 anni; completato questo primo ciclo e superati determinati esami (baccellierato, licenza, dottorato), lo studente veniva ammesso nelle facoltà superiori, dove seguiva i corsi per 6 anni nelle facoltà di diritto e di medicina, per 8 in quella di teologia. Nel corso dei sec. XIII e XIV le università, sorte come centri autonomi, furono progressivamente trasformate da parte delle autorità politiche e religiose in strumenti di potere, provocando un deterioramento dell'autonomia culturale e del prestigio degli studia; durante l'età umanistica e rinascimentale le università più note decaddero e sorsero le accademie, organizzazioni più aperte, più libere, senza rigida gerarchia né rigorosa schematizzazione delle materie d'insegnamento. La Rivoluzione francese soppresse l'università nel 1793, ricostituita poi nel 1806 come Università Imperiale. La fine della tradizione latina corrispose con l'inizio del predominio nel mondo culturale delle università tedesche: Königsberg, Heidelberg, Jena ecc. riportarono l'istituto universitario all'antico prestigio con nomi di docenti come I. Kant, J. G. Fichte, F. W. J. Schelling, G. W. F. Hegel ecc. Lo sviluppo della scienza e della tecnica, inoltre, portò alla formazione di nuove facoltà e di scuole specializzate e contemporaneamente si completò il processo (iniziato nel sec. XVIII) di laicizzazione degli atenei, i quali quasi ovunque passarono alle dipendenze dello Stato. Come reazione sorsero nei sec. XIX e XX le università cattoliche: in Belgio a Lovanio (1835; l'università cattolica vi esisteva già dal 1425), in Francia (dopo il 1875) a Parigi, Lilla, Lione, Angers e Tolosa, in Svizzera a Friburgo (1889), in Polonia a Lublino (1918), in Italia a Milano (1920). Università cattoliche esistono anche nei Paesi anglosassoni, nell'America Latina e in Asia (Beirut, Tōkyō, Manila ecc.). Tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX vennero create le università popolari, con lo scopo di diffondere l'istruzione superiore, fuori dalle strutture universitarie tradizionali. I primi esperimenti furono compiuti in Inghilterra a iniziare dal 1873 per iniziativa dell'Università di Cambridge. In altri Paesi europei tali università rivestono carattere di semplici associazioni culturali (in Italia la prima fu creata nel 1900 a Torino). In Italia un ordinamento organico relativo all'istruzione universitaria risale al 1859 e risulta fortemente accentrato. La riforma Gentile (1923) concesse maggior autonomia alle università e più libertà di scelta agli studenti nella formazione del piano di studi, ma le disposizioni del 1933 e del 1938 vanificarono tali conquiste. La legge dell'11 novembre 1969, n. 910, ha liberalizzato l'accesso agli studi universitari disponendo che tutti i diplomati di qualunque scuola secondaria superiore quinquennale possano accedere a qualsiasi facoltà; ha stabilito inoltre che lo studente possa elaborare autonomamente il piano di studi (che deve essere comunque sottoposto all'approvazione del consiglio di facoltà). La legge del 30 novembre 1970, n. 924, ha abolito i concorsi a cattedra, i posti di aggregato e la libera docenza, ha proibito la creazione di nuove istituzioni universitarie con provvedimento amministrativo. Anche come “risposta” ai problemi posti dalla contestazione, i cosiddetti “provvedimenti urgenti”, attuati con la legge 30 ottobre 1973, n. 766, hanno poi tentato di realizzare un “rilancio” dell'università, almeno attraverso la riapertura dei bandi di concorso a cattedra e l'istituzione di “borsisti” e “assegnisti”, per alimentare con nuove energie giovanili il futuro personale docente. Con la microriforma del 1980 (legge 21 febbraio 1980, n. 28, e D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382) sono stati sostituiti ai tradizionali “istituti” (in prevalenza monocattedra) i “dipartimenti”, intesi come “organizzazione di uno o più settori di ricerca omogenei per fine o per metodo, e dei relativi insegnamenti anche afferenti a più facoltà o corsi di laurea della stessa facoltà”. Altre novità sono, per il personale docente, l'istituzione del ruolo dei professori universitari, distinti in due fasce: i professori ordinari (ex categoria dei cattedratici) e i professori associati (ex docenti incaricati e stabilizzati, che hanno superato un apposito giudizio di idoneità), nonché i “professori a contratto”, per attivare corsi integrativi, soprattutto finalizzati “all'acquisizione di significative esperienze teorico-pratiche di tipo specialistico, provenienti dal mondo extra-universitario”. È stato istituito anche il ruolo di ricercatore, per i giovani che vogliono prepararsi alla carriera accademica. Per garantire una maggiore presenza del personale docente in università è prevista l'opzione fra tempo pieno e tempo parziale (che, però, impedisce al docente di ricoprire le cariche di rettore, preside o direttore di dipartimento). Infine, la microriforma, introdotta nel 1980, prevede forme sperimentali di organizzazione della didattica, così da sostituire ai tradizionali criteri della lezione ex cathedra più articolate forme di seminari, di esercitazioni, di lavori in équipe, di didattica di gruppo ecc., indispensabili a rendere più attiva la presenza della popolazione studentesca, che caratterizza l'odierna università di massa. Con la legge 9 maggio 1989 è stato istituito il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica con il compito di “promuovere lo sviluppo delle università” fermo restando il rispetto dei principi di autonomia degli istituti universitari sanciti dalla Costituzione e specificati dalla legge 23 agosto 1988. Al Ministero dell'università sono trasferite le funzioni in materia di istruzione universitaria attribuite in precedenza al Consiglio dei Ministri e al Ministero della Pubblica Istruzione. Con la legge di riforma didattica del 19 novembre 1990, n. 341 i titoli universitari sono diventati quattro: diploma universitario (corsi non inferiori a due e non superiori a tre anni); diploma di laurea (durata non inferiore a quattro e non superiore a sei anni); diploma di specializzazione (si consegue successivamente alla laurea al termine di un corso di studi di durata non inferiore a due anni); dottorato di ricerca. Con la stessa legge è stato creato il Consiglio universitario nazionale, un organo elettivo a carattere consultivo formato dal personale docente e non docente dell'università e dagli stessi studenti (seppure con una esigua rappresentanza). Per ovviare ai ritmi lentissimi dei concorsi a cattedra su scala nazionale, determinati dalla complessità delle procedure, la legge 3 luglio 1998, n. 210, ha abolito tali concorsi, prevedendo per ciascuna università la possibilità di indire propri bandi con procedure più rapide. Il provvedimento, che ha decorrenza immediata, stabilisce inoltre il decentramento anche dei concorsi di dottorato di ricerca, per i quali le università possono attingere a finanziamenti esterni, e rende più agevoli i trasferimenti dei professori. Nel 1999 il governo ha dato via libera alla riforma università che definisce il nuovo status giuridicodei professori. Esso elimina la distinzione tra tempo pieno e tempo definito, raggruppa i docenti in due fasce, e regola l'eventuale attività libero-professionale. La riforma, inoltre, puntava a far fronte a due diverse ma complementari esigenze, da un lato diminuire il tasso di abbandono, dall'altro abbreviare i tempi della formazione scolastica superiore. Il percorso di studi universitari è così stato diviso in un primo ciclo, di durata triennale, al termine del quale viene rilasciato un diploma di laurea (lauree brevi) a cui può seguire un secondo ciclo, di durata biennale, al termine del quale si ottiene una laurea specialistica. Nascono i crediti formativi e i masters di primo e secondo livello; questo sistema dovrebbe facilitare il passaggio tra i diversi atenei in Italia e all'estero. Nel 2005 il Parlamento ha approvato una nuova legge che riorganizza la docenza: i ricercatori sono sostituiti da soggetti con contratti di massimo 6 anni; è ripristinato il concorso unico nazionale; viene introdotta la prova di idoneità nazionale e la figura del professore straordinario.

Università aperta (Open University)

Scuola per corrispondenza di libero accesso senza esami né presentazione di titoli, diffusa in Gran Bretagna: è l'esperimento più interessante dell'“educazione permanente” (o educazione degli adulti).

Università europea

Istituto superiore post-universitario a gestione intergovernativa tra i Paesi dell'Unione Europea, dai quali provengono i laureati ammessi a frequentare dei corsi biennali per il conseguimento di dottorato di ricerca in 4 settori (storia, economia, giurisprudenza, scienze politiche). L'università europea, originariamente prevista dal Trattato dell'EURATOM (Roma, 1957, art. 9) come istituto superiore di fisica nucleare, è diventata in seguito una reduplicazione del Collège d'Europe di Bruges (1951) e ha sede presso Firenze, nell'edificio di Badia Fiesolana restaurato e messo a disposizione dal governo italiano.

Università Pontificia Gregoriana

Università per le scienze religiose e sociali con sede a Roma. Venne fondata da Ignazio di Loyola e costituita in università da papa Paolo IV nel 1556; Gregorio XIII successivamente la ingrandì e la fece oggetto di larghe dotazioni (1582): l'istituzione trasse appunto da lui il suo nuovo nome. Un ulteriore ampliamento avvenne sotto Pio XI, che le annetté l'Istituto di cultura religiosa ruperiore per l'Azione cattolica (1927), nonché il Pontificio istituto biblico e il Pontificio istituto per gli studi orientali (1928). L'università, la cui direzione è affidata alla Compagnia di Gesù, comprende le facoltà di teologia e di filosofia (dall'origine), di diritto canonico (dal 1876), di storia ecclesiastica e di missiologia (dal 1932) e l'Istituto di Scienze sociali (dal 1955). Il Pontificio istituto biblico (fondato nel 1909) comprende le facoltà di Sacra Scrittura e di studi dell'Oriente antico e il Pontificio istituto di studi orientali quelle di studi ecclesiastici orientali e di diritto canonico, sezione orientale.

Bibliografia

G. Barillà, Un futuro per l'università italiana, Bari, 1961; G. Martinoli, L'università come impresa, Milano, 1967; C. Kerr, A che serve l'università, Roma, 1969; S. Leibfried, L'università integrata, Roma, 1971; S. Valitutti, L'università degli assenti, Milano, 1976; A. Negri, La questione universitaria, Roma, 1977; D. Palomba, Università a distanza: una prospettiva per l'Europa, Firenze, 1988.

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