véscovo

sm. [sec. XIII; latino episcŏpus, dal greco epískopos, da episkopéō, sorvegliare, sovrintendere]. Nella gerarchia d'ordine, grado più alto rappresentante la pienezza del sacerdozio cosicché chi ne è investito può amministrare tutti i sacramenti; nella gerarchia di giurisdizione, l'ufficio del vescovo, di istituzione divina, segue a quello del papa. In particolare, nel Medioevo: vescovo conte, principe vescovo, ecclesiastico che, oltre alla carica vescovile, deteneva tali poteri feudali, conferitigli per lo più dall'imperatore con diritto di revoca alla morte del beneficiario. § Le statuizioni del Concilio Vaticano II circa le funzioni dei vescovi e i requisiti per la nomina all'ufficio episcopale sono state confermate dal nuovo Codex Iuris Canonici, promulgato il 25 gennaio 1983. Di conseguenza, i vescovi hanno una duplice funzione: di membri del corpo episcopale che partecipa collegialmente col papa al governo della Chiesa Universale; singolarmente considerati, di capi delle singole diocesi, Ecclesiae particulares, come titolari della potestà di giurisdizione ordinaria propria. Il diritto di nominare i vescovi è proprio del pontefice. I requisiti per la nomina a vescovo sono: età non inferiore ai trentacinque anni; sacerdote da almeno cinque anni; laurea o licenza in Sacra Scrittura, teologia o diritto canonico, o perizia in dette discipline; che eccella per costumi, pietà, zelo pastorale. Il vescovo nella sua diocesi ha potestà legislativa, potendo legiferare per completare la legge generale, giudiziaria, conoscendo le cause che sono di competenza del foro ecclesiastico, e amministrativa, che si estrinseca nel vigilare sulla disciplina del clero a lui subordinato.

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