vóto (diritto canonico)

la promessa, fatta a Dio, di compiere per virtù di religione un atto di bene, possibile e migliore del comportamento umano normale; essa deve essere deliberata, ossia fatta con coscienza e discernimento, e libera, ossia non viziata né da timore grave e ingiusto, né da errore. Per i due voti privati riservati alla Santa Sede, cioè il voto di castità perfetta e perpetua, e il voto di entrare in una religione a voti solenni, si esigono, inoltre, l'età di 18 anni compiuti e la compatibilità con gli obblighi del proprio stato (non possono essere pronunciati da persone coniugate). Il voto si distingue in: pubblico o privato; solenne o semplice; personale o reale o misto; assoluto o condizionato o penale. Il voto può essere, inoltre: riservato, se la Santa Sede sola può accordare la dispensa da esso. La promessa votiva viene meno per cause intrinseche, come la scadenza del termine fissato, il cambiamento sostanziale della cosa promessa, il non avverarsi della condizione; o per cause estrinseche, come l'annullamento da parte dell'autorità munita di potere dominicale o la dispensa; o per commutazione. Coloro che entrano in una religione debbono pronunciare i tre voti di povertà, castità e obbedienza, nonché gli altri voti che talora aggiunge a essi la regola di alcuni ordini. I suddetti tre voti possono essere semplici o solenni, perpetui o temporanei. L'obbligo dei voti di religione viene meno quando la professione è dichiarata nulla dalla Santa Sede; per la decorrenza del termine, nel caso di professione temporanea; per il rinvio, per i religiosi a voti temporanei e, sotto certe condizioni, per i religiosi a voti perpetui; per la secolarizzazione.

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