velièro

Indice

agg. e sm. [sec. XVII; da vela].

1) Agg. poco comune, fornito di vela; velico; imbarcazione veliera; navigazione veliera.

2) Sm., ogni nave, dotata di vele, che per la propulsione utilizza esclusivamente l'azione del vento. § I velieri sono sempre stati costruiti in legno, anche se nel sec. XIX ne vennero realizzati in struttura mista a ferro; oggi adottati quali barche da pesca e per trasporti locali in Africa e in Asia sono in via di rapida scomparsa; velieri dotati di motori ausiliari (motovelieri) vengono usati dalle marine nazionali quali navi scuola; piccoli velieri in legnami pregiati con strutture in lega leggera e materiali plastici sono diffusi quali navi da diporto, spesso attrezzati con motori ausiliari. Costruttivamente la chiglia, robusta, sostiene le costole alle quali si fissano il fasciame e i correnti; bagli sorreggono il fasciame del ponte (o dei ponti) contribuendo alla robustezza trasversale; il numero degli alberi e delle vele, nonché la forma di queste, varia secondo il tipo di veliero, in rapporto anche all'epoca e al luogo in cui è (o era) diffuso. Numerosi i tipi di velieri del passato, fra i quali celebri sono rimasti la caracca, la caravella, il galeone, il vascello, la fregata, il clipper e altri ancor oggi diffusi, senza contare i velieri asiatici (per esempio giunca, sampan) e quelli mediterranei (per esempio feluca, sciabecco, tartana). L'attrezzatura velica determina ancor oggi il nome del veliero, quello classico è detto nave e ha tre alberi con vele quadre (il terzo può portare anche una vela aurica) e bompresso con più fiocchi; altri tipi importanti sono la nave a palo, la nave-goletta, le golette, il brigantino, lo schooner. La guida di un veliero richiede un numero relativamente elevato di marinai specializzati nella manovra delle vele; la velocità di un veliero, modesta se confrontata con quella delle imbarcazioni a vela e più ancora con quelle delle navi a motore, dipende dalla resistenza di forma dello scafo e dalla superficie velica. Infatti il vento esercita sulle vele una spinta di forza che è proporzionale alla superficie velica complessiva, al quadrato della velocità del vento, e al quadrato del seno dell'angolo che la direzione del vento fa con il piano delle vele. Tale forza ha il proprio punto di applicazione nel centro velico ed è perpendicolare al piano della vela; delle sue componenti quella diretta secondo l'asse del veliero lo fa avanzare e ne provoca un leggero appruamento, quella perpendicolare alla prima lo fa “scarrocciare”, spingendolo a “poggiare” o a “orzare” secondo che il centro velico si trovi a proravia o a poppavia del centro di gravità del veliero, ciò provoca un'inclinazione trasversale (sbandamento). Per il migliore sfruttamento del vento, le vele debbono essere orientate pertanto secondo la bisettrice dell'angolo formato dal piano longitudinale di simmetria del veliero e la direzione del vento, in modo da rendere massima la componente di avanzamento; inoltre, con opportuna distribuzione delle vele stesse, si può cercare di portare il centro velico sulla verticale per il centro di gravità in modo da assicurare stabilità di rotta alla nave, annullando la suaccennata tendenza poggera od orziera senza l'intervento del timone e quindi senza introdurre una resistenza aggiuntiva all'avanzamento. La realizzazione di velieri con esteso piano di deriva, elevata stabilità di forma (scafo largo nella parte superiore) e stabilità di peso (carichi o zavorra in basso, in modo da ottenere un basso centro di gravità), può minimizzare lo scarroccio e lo sbandamento.

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