Lessico

Sf. [sec. XIII; latino vita, corradicale di vivĕre, vivere].

1) Il complesso dei processi e delle attività compiute dagli organismi (v. oltre): sulla Luna non c'è traccia di vita. In fisica nucleare, per vita media di una particella elementare. Per estensione, il fatto di vivere, la condizione in cui si trova una persona, un animale o una pianta vivente; spesso in contrapposizione a morte: essere in vita; venire alla vita, nascere; dare la vita a qualcuno, metterlo al mondo; questione di vita o di morte, di estrema importanza; perdere la vita, morire, per lo più di morte violenta; togliersi la vita, suicidarsi; uniti per la vita e per la morte, per sempre; dovere la vita a qualcuno, essersi salvato da morte sicura per il suo intervento; rendere la vita difficile a qualcuno, creargli ogni sorta di ostacoli; o la borsa o la vita, intimazione di rapinatori e simili a consegnare il denaro, se non si vuole essere uccisi.

2) Il tempo in cui un essere vive, il periodo compreso tra la nascita e la morte; passare a miglior vita, euf., morire; l'altra vita, quella dell'oltretomba. Per estensione, il tempo che a una persona resta ancora da vivere; vita natural durante, a vita, fin che una data persona vive: senatore a vita. In statistica, vita media e vita probabile, costanti biometriche i cui valori sono riportati nelle tavole di mortalità.

3) Modo di vivere, di condurre la propria esistenza; cambiar vita, mutare la propria condotta, per lo più migliorandola in senso morale; vita privata; vita pubblica; vita di relazione, il complesso dei rapporti che uno ha con gli altri individui del gruppo sociale cui appartiene; fare la bella vita, darsi ai piaceri, ai divertimenti; fare la vita, vivere in modo disonesto e illegale; in particolare, di donna, darsi alla prostituzione; ragazzo di vita, che vive ai margini della legalità, malvivente; avere una doppia vita, di chi apparentemente conduce un'esistenza irreprensibile, che serve però soltanto a mascherare attività disoneste. Frequente in tal senso il peggiorativo vitàccia nel senso di vita dura e priva di soddisfazioni. Per estensione, il modo di vivere di una determinata categoria di persone; il complesso delle attività, dei doveri connessi con una data professione: vitamilitare.

4) Campo, ambito particolare in cui si manifesta una parte dell'esistenza, dell'attività di un individuo.

5) Il complesso delle attività connesse all'esistenza di un ente, di un organismo e simili Per estensione, la durata di tale attività: l'Italia come Stato unitario ha poco più di un secolo di vita; il periodo di tempo in cui qualche cosa rimane vitale, funziona, esercita un'influenza e simili.

6) Forza vitale, energia operante che permette agli esseri viventi di espletare le loro funzioni: l'aria è vita. Per estensione, ciò che garantisce l'esistenza, la sussistenza, lo sviluppo di qualche cosa: il lavoro è la sua vita. In particolare, capacità di operare; vigore, energia: un ragazzo pieno di vita. Di un ambiente e simili, fermento di attività, di interessi; animazione. Di una opera d'arte, un discorso e simili, vivacità, intensità espressiva.

7) Essere vivente; in particolare, persona: la guerra ha stroncato molte vite.

8) Il complesso delle cose, delle attività esistenti nel mondo; ciò che un individuo incontra nella propria esistenza. In particolare, l'insieme degli episodi e degli aspetti più notevoli relativi all'esistenza di un individuo; biografia.

9) Ciò che serve per vivere; in particolare, il vitto.

Diritto

Il Codice Penale prevede e punisce i delitti contro la vita e l'incolumità individuali qualificandoli come reati di diverse specie: omicidio, infanticidio, percosse, lesioni, rissa, abbandono di minori o incapaci o neonati e omissione di soccorso. Altre norme contravvenzionali sono dirette alla prevenzione di tali delitti: detenzione abusiva, omessa consegna o custodia e porto abusivo di armi; accensioni ed esplosioni pericolose ecc.

Filosofia della scienza: dall'antichità al Medioevo

Gli organismi, dal più semplice microrganismo, alle piante sino agli animali e all'uomo possiedono una struttura fisico-chimica che, interagendo con l'ambiente, produce alcune loro proprietà caratteristiche quali la nascita-riproduzione-morte, le mutazioni e i processi regolativi tendenti alla conservazione e all'adattamento dell'individuo e/o della popolazione a cui questo appartiene. Gli organismi, dato che possiedono gradi molto diversi di complessità strutturale e di organizzazione, svolgono una gamma praticamente inesauribile di attività che, nel caso dell'uomo, coincidono con le vicende stesse della storia umana e con il destino individuale di ciascuno. La base materiale della vita è oggetto di studio della biologia, ma per l'estrema diversificazione dei suoi livelli superiori di organizzazione la vita è oggetto anche di altre scienze, quali la psicologia e la sociologia. Durante i secoli, attraverso l'indagine scientifico-naturale e la riflessione filosofica concernenti gli organismi e l'uomo si è a lungo dibattuto se l'ordine e il finalismo particolari che essi manifestano derivassero da un disegno sovrannaturale divino, secondo i principi di alcune religioni, oppure fossero il risultato di processi esclusivamente materiali della natura (vedi anche origine della vita). I filosofi prearistotelici non si posero il problema specifico della vita organica, tuttavia lo stesso intrinseco dinamismo che caratterizza il principio archetipo della realtà presuppone una sorta di vitalità organica sufficiente a determinare e spiegare la vita. Infatti, secondo un'interpretazione ormai consolidata dalla critica storiografica, nel “pneuma” di Anassimene sussiste una sorta di soffio vitale, respiro e spirito nello stesso tempo, così come l'acqua di Talete è principio di vita, mentre il “fuoco” di cui parla Eraclito può essere assunto come l'eterno alternarsi della vita e della morte. Diogene di Apollonia (sec. V a. C.) elaborò per la prima volta il concetto di finalità inteso espressamente come proprietà del mondo organico e suo principio dinamico, concetto che ha costituito uno dei massimi problemi teorici della scienza biologica. La finalità intesa come scopo (telos) fu utilizzata anche da Platone per quanto riguarda la spiegazione nell'uomo della sua struttura corporea, le funzioni dei suoi organi e il suo rapporto (in termini di utilità) con gli altri viventi. In Platone tuttavia il finalismo non ha assunto una connotazione specificamente biologica, ma è concepito come principio esplicativo della realtà nella sua totalità organica, per cui gli esseri viventi sono semplicemente inquadrati da una legge universale che li trascende e, in questo senso, il loro finalismo è statico ed esterno. La spiegazione dei fenomeni vitali divenne una consapevole istanza scientifica non più inserita, senza specificazione, nel quadro generale della finalità del mondo quando Democrito e Leucippo concepirono come cause uniche dei fenomeni naturali le leggi riguardanti la posizione e il movimento degli atomi entro lo spazio vuoto e il loro reciproco urtarsi; anche Empedocle elaborò una spiegazione causale e semplice dei processi naturali attribuendo l'origine di tutte le cose al mescolarsi e separarsi di quattro “radici” e “elementi” (terra, acqua, aria e fuoco) sotto l'azione delle forze di attrazione e repulsione: amore e odio. Nell'ambito di questo diverso quadro teorico-esplicativo della realtà nella sua totalità sorse la prima teoria dei fenomeni vitali, avente la caratteristica di una spiegazione “meccanica”, cioè di una teoria che per spiegare la vita fa ricorso solo alle leggi generali della materia. I tentativi di spiegazione del fenomeno vita ebbero un momento di sintesi nelle articolate e organiche teorie biologiche di Aristotele, per il quale ciò che caratterizza gli esseri viventi è la presenza in essi di un ordine regolare di strutture morfologiche che consente di concepirli disposti ordinatamente in grandi e piccoli gruppi. Altro carattere tipico dei viventi è costituito dalla completa conformità a uno scopo delle loro forme e funzioni: tale coordinamento di organi e di funzioni è inserito in un processo ciclico che ha come estremi la generazione e la corruzione; la causa formale e quella finale si identificano, per Aristotele, nel concetto di anima, intesa come “entelechia”, ossia come forza attiva del vivente, causa ultima e principio della vita organica. Il concetto di vita, fortemente caratterizzato secondo la filosofia aristotelica in senso finalistico come vitalismo dinamico, perdurò per tutto il Medioevo, epoca in cui la subordinazione della vita umana rispetto a una vita ultraterrena poneva sotto l'angolo visivo della teologia ogni attività, compresa quella scientifica.

Filosofia della scienza: dal Rinascimento al XIX secolo

Nel Rinascimento il sorgere di un modo nuovo di concepire e studiare i fenomeni naturali non fu privo di contraddizioni, particolarmente per ciò che concerne il problema della vita organica, inestricabilmente connesso sia con elementi magici sia con osservazioni dirette e dati empirici. Paracelso si fece sostenitore in biologia di una nuova scienza empirica, anch'essa fondata sull'esperimento come la fisica, ma nel contempo permeata di una nuova spiegazione magica della realtà collegata a idee neoplatoniche e allo spirito cristiano: la vita si fonda su sostanze primordiali, una sorta di elementi chimico-magici simbolizzati coi nomi di mercurio, zolfo e sale; simbolica è anche l'individuazione di un principio, l'“archeus”, che indica l'energia naturale di ogni cosa, dunque anche di ogni organismo vivente. Le concezioni biologiche di Paracelso diedero vita a una corrente interpretativa dei fenomeni vitali che prese il nome di iatrochimica, mentre un secolo più tardi, con Cartesio, ebbe origine la iatromeccanica, secondo la quale l'organismo vivente può essere completamente spiegato facendo ricorso semplicemente alle leggi della meccanica. Cartesio elaborò un modello meccanico dell'organismo umano e animale sviluppato sin nei particolari, comprendente tutti gli organi e le loro funzioni, nonché il decorso evolutivo dell'embrione stesso. Gli animali sono privi di anima, sono automi complessi che funzionano in modo meccanico e nulla più, mentre l'uomo si distingue dagli animali per il suo legame con un'anima immateriale, cioè con una sostanza il cui attributo è il pensiero. Se la spiegazione meccanicistica non eliminava completamente la finalità organica (l'opera meccanica era pur sempre appannaggio del divino architetto), tuttavia essa aprì la strada a una concezione materialistica della vita. J. Lamettrie, P.-H. D. d'Holbach e D. Diderot si fecero sostenitori di questa forma di materialismo per cui tutto ciò che è psichico e spirituale non è che l'espressione di forze materiali che si esplicano nel sistema nervoso (il cervello ha i suoi muscoli di pensiero come la gamba ha i suoi muscoli di movimento) e non c'è nulla al di fuori degli atomi che si muovono perennemente secondo le leggi dell'inerzia, dell'urto e dell'attrazione (l'uomo è uno strumento passivo della necessità). Una posizione del tutto opposta assunse nello stesso periodo G. E. Stahl, che vide l'essenza del processo vitale nel suo conservarsi e rinnovarsi in opposizione al processo di decomposizione e di morte. Il principio vitale che consente la creazione e la conservazione dell'organismo è la stessa anima razionale teorizzata da Cartesio; il vitalismo di Stahl è un vitalismo organico in senso stretto, al quale si affianca una spiegazione della natura inorganica sulla base di presupposti puramente materiali. L'indagine sulla vita organica, condotta dal sec. XVII con l'uso del microscopio, rivelò, oltre a una serie di esseri viventi sino ad allora sconosciuti, una sorprendente complessità strutturale degli organismi. Sulla base di quest'ultima constatazione e servendosi di una trasposizione analogica, molti biologi di quel periodo furono indotti a concepire che l'essere vivente fosse presente già completamente formato (preformazione) nello spermatozoo oppure nell'ovulo, per cui lo sviluppo embrionale veniva considerato come il puro accrescersi di piccole articolate macchine vitali. La teoria preformista estremizzata diede luogo alla dottrina dell'“inscatolamento” per cui tutte le generazioni future sarebbero contenute già con la loro forma nelle precedenti, e si giunse persino a pensare che tutti gli uomini fossero stati originariamente creati nelle ovaie di Eva o nei testicoli di Adamo. In contrapposizione all'impostazione rigidamente meccanicistica della teoria della preformazione e con un ritorno in qualche misura all'antico aristotelismo e neoplatonismo, nel sec. XVIII fu elaborata la cosiddetta teoria epigenetica, secondo cui il singolo individuo costituisce una neoformazione che avviene per aggregazione di particelle organiche elementari o molecole provenienti dagli organi genitali di entrambi i genitori. Lo sviluppo degli studi di morfologia, consistenti essenzialmente nella trattazione delle forme organiche dal punto di vista dei loro reciproci rapporti formali, sulla base di molteplici modificazioni di un piano unitario entro cui si coordinano le parti costitutive, rappresentò l'asse portante della filosofia romantica della natura (Naturphilosophie) sorta nel sec. XIX. Per l'indagine sull'organico, uno dei principi più importanti si dimostrò la teoria cellulare, sorta intorno al 1830 a opera di M. J. Schleiden e di Th. Schwann. La teoria riconosce che le unità o “minima” della vita sono da individuarsi in quelle cellule che già erano state osservate nelle piante e che sono da considerare come gli elementi costitutivi degli organismi animali e vegetali. Inoltre si giungeva ad accertare che tutte le cellule derivano per suddivisione dalla cellula uovo fecondata. Nell'Ottocento il dibattito teorico fra sostenitori del vitalismo e del meccanicismo, quest'ultimo interpretato anche in senso materialistico, ha subito una svolta determinante con la pubblicazione dell'opera di Darwin sulla teoria dell'origine delle specie.

Filosofia della scienza: la problematica attuale

Quando si affrontano i problemi legati alla riflessione teorica sui risultati della biologia, si sottolinea spesso il fatto che essa, a differenza di quanto è avvenuto per la fisica, non può vantare attualmente l'esistenza di una teoria generale abbastanza strutturata da costituire un sicuro quadro di riferimento esplicativo che possa essere paragonato alla teoria della fisica classica, a quella relativistica o alla meccanica quantistica. Ciò deriva essenzialmente dalla “differenza qualitativa” che intercorre tra l'oggetto biologico e l'oggetto fisico. Tale differenza o maggiore complessità deriva in primo luogo dal fatto che l'organismo biologico reca in sé inestricabilmente legati due aspetti che spesso sono stati considerati in contrasto fra loro ma che invece sono solo in rapporto dialettico: l'aspetto “strutturale” e l'aspetto “storico”. Chi privilegia il primo aspetto è portato a vedere l'individuo come strutturato in organi e questi in molecole e così via, pervenendo così a un approccio sostanzialmente analitico e sperimentale, che isola determinati processi e parti per chiarirne il funzionamento in termini attuali. Mentre chi rivolge la sua attenzione al secondo aspetto preferirà chiedersi, per esempio, quale sia lo “scopo” di una certa struttura, perché l'organismo svolga proprio quella funzione e non un'altra, e risponderà a queste domande in termini essenzialmente storici ed evoluzionistici, partendo dalla considerazione che ogni organismo è il prodotto di una lunga storia. È evidente, quindi, che il dibattito teorico-metodologico attualmente esistente deriva in gran parte da questa bipolarità conoscitiva propria dell'oggetto della scienza biologica. Dalla classica, netta contrapposizione tra meccanicismo e vitalismo, dimostratisi ormai insostenibili nella loro rigidità, si è passati ad altri tipi di spiegazione della vita i cui momenti di integrazione appaiono sempre più frequenti e fecondi. Questi tipi di spiegazione sono oggi essenzialmente tre: quella “riduzionista”, quella “organicista o integrista” e quella “storica o evoluzionista”. Il riduzionismo può essere fisico o logico (Nagel). Nel primo caso noi possiamo spiegare l'organismo in base alle sue parti componenti analizzandole col solo ricorso a leggi chimico-fisiche. Nel caso del riduzionismo logico o formale si tende a derivare o dedurre i principi esplicativi della nostra teoria biologica da un'altra teoria più generale non biologica, per esempio fisica. La spiegazione organicista o integrista, derivando le sue posizioni dal vecchio “olismo”, privilegia nel vivente il momento dell'organizzazione (il tutto rispetto alle parti), la cui esistenza e continuità nel tempo costituisce elemento primario di spiegazione scientifica. La spiegazione storica, lo abbiamo visto, pur riconoscendo l'importanza dell'organizzazione biologica che costituisce elemento di “diversità” rispetto ai sistemi fisici, considera tale diversità come la conseguenza di una lunga storia evolutiva che ha differenziato sistemi prima simili e rispondenti alle stesse leggi fondamentali. Poiché la posizione integrista può essere facilmente fatta rientrare in quella “composizionista” e cioè storico-evolutiva, restano spiegazioni fondamentali della vita quella riduzionista e quella storica. Per quanto riguarda il riduzionismo occorre dire che i tentativi di riduzione sin qui operati con successo in biologia sono stati essenzialmente fisici e non logici. Ma è evidente che una riduzione fisica non è in grado di dar conto della spiegazione evoluzionistica, ma la deve presupporre. Se mai sarà possibile trovare una soluzione al problema della riduzione logica, cosa oggi perlomeno prematura, è chiaro che essa non potrà in ogni caso prescindere dall'intrinseca storicità della vita. Il punto al quale è pervenuto l'attuale dibattito teorico-metodologico in biologia dimostra che la via più feconda da percorrere è quella che, partendo dalla consapevolezza dell'intrinseca dialetticità dell'oggetto biologico fra aspetto strutturale e aspetto storico-evolutivo, prende in seria considerazione la possibilità di un approccio metodologico che tenga conto dei diversi livelli di organizzazione della materia vivente. Livelli di organizzazione sempre più complessi e di cui sarà necessario individuare la logica che guida il passaggio dall'uno all'altro. Tale logica non può che essere di natura dialettica, la sola che consente di riconoscere l'esistenza di una relativa autonomia di un livello rispetto agli altri, impedendo così la rigida separazione fra i diversi livelli e salvaguardando il carattere materialistico dell'immagine fisica della natura.

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora