vivisezióne

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sf. [sec. XIX; da vivo+latino sectío-ōnis, taglio].

1) Intervento cruento o dissezione anatomica realizzati su animali viventi a scopo scientifico e sperimentale. § La vivisezione consente di studiare l'attività fisiologica di organi, portati allo scoperto, mediante diretta osservazione, di accertare le modalità e le possibilità di sopravvivenza di organismi sottoposti all'asportazione di determinati visceri, di eseguire esperimenti di trapianto, di prodotti farmacologici ecc. Gli animali più frequentemente utilizzati sono le cavie, i conigli, i cani, i gatti, le scimmie, i topi, le rane. La pratica della vivisezione – regolata da norme di legge che impongono anestesia e asepsi – ha suscitato vaste opposizioni per le sofferenze cui sono sottoposti gli animali e ha promosso iniziative tendenti alla sua messa fuori legge. D'altra parte è indubbio che la sperimentazione animale ha aumentato notevolmente la conoscenza nel campo delle scienze mediche e biologiche e ha permesso di diminuire la sofferenza dell'uomo. La CEE ha emanato nel 1986 una direttiva che regolamenta l'uso degli animali nella sperimentazione; in Italia, in attuazione di questa direttiva, il 27 gennaio 1992 è entrato in vigore un decreto legislativo che definisce i fini per cui è consentito l'uso degli animali, prescrive l'adozione di modalità che provochino loro il minor dolore e stabilisce condizioni di stabulazione adeguate; richiede, inoltre, che il personale che si occupa della sperimentazione abbia una preparazione specifica adeguata.

2) Fig., indagine, analisi estremamente accurata, rigorosa e severa.

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