I cronisti della conquista

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Le vicende cruente della Conquista e gli anni di lotta sono stati narrati in numerosi resoconti scritti da testimoni oculari – come dallo stesso Hernando Pizarro – o da cronisti che hanno partecipato alla creazione del vicereame. Sono rimasti memorabili i testi di Pedro de Cieza de León (1518-1554), il quale descrive nella Crónica del Perú i costumi e le tradizioni incaiche e la caduta di Cajamarca denunciando sia le crudeltà degli Inca, che dei conquistadores, e quelli di Juan de Betanzos (1510-1576), autore della Suma y narración de los Incas e grande studioso della lingua indigena quechua, il quale tenta di ricostruire la cronologia talvolta mitologica dei sovrani del Perú. Tra il 1609 e il 1617 viene pubblicato a Lisbona un libro che rimarrà fondamentale per la ricostruzione della società inca: sono i Comentarios reales de los Incas, di cui è autore Garcilaso de la Vega, figlio di una principessa inca e di un conquistador, mandato a studiare in Spagna dall’età di vent’anni e che non tornerà mai piú nella sua terra nativa.

Garcilaso racconta la storia degli Inca a partire dai primi mitici sovrani, figli divini del Sole, fino all’uccisione di Atahualpa e dell’ultimo ribelle Tupac Amaru, descrivendo nei minimi particolari le tradizioni religiose, l’organizzazione sociale, la vita quotidiana e le opere artigianali e architettoniche del suo popolo. La sua visione del mondo inca può sembrare a tratti troppo idealizzata, tanto che qualche teologo dell’epoca ha creduto di poter ravvisare nel testo una testimonianza del monoteismo innato degli Inca (per cui l’imposizione del cristianesimo sarebbe stata soltanto una logica conseguenza), mentre alcuni filosofi dell’Illuminismo hanno voluto vedere nel mondo degli Inca un precursore del Paese di Utopia, strutturato secondo un “socialismo” ante litteram. Su questo punto sono ancora aperte le polemiche tra gli studiosi, ma rimane il fatto che il libro di Garcilaso getta una luce nuova e molto diversa sui popoli del Nuovo Mondo, allora considerati comunemente dei “selvaggi”.