Religione e società

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L’autorità assoluta, suprema e inappellabile era costituita dall’Inca, venerato come un dio grazie alla sua discendenza da Inti, il Sole, e padrone di tutte le cose e di tutti gli uomini del regno. Ai sudditi si mostrava con il volto velato e nessuno poteva toccarlo né guardarlo negli occhi, neanche i dignitari piú alti della corte, che potevano avvicinarsi al sovrano soltanto in posizione china e – per mostrare la massima deferenza – alcuni si caricavano dei pesi sulle spalle in atto di totale sottomissione. I cibi e le vesti dell’Inca erano tabú e dopo l’uso venivano sigillati e bruciati. Il sovrano sceglieva la sua sposa, la coya, tra le proprie sorelle, ma possedeva anche centinaia di concubine ed era servito dalle aclla, le sacerdotesse del Tempio del Sole che egli poteva dare in spose ai nobili della corte. Gli era dovuta obbedienza totale e a lui era riservato un terzo delle ricchezze e dei raccolti del regno (le altre due parti erano destinate alla popolazione e ai culti). Alla sua morte la salma veniva mummificata, ricoperta di doni d’oro, avvolta in ricchi mantelli ricamati e deposta in una cavità naturale. Nelle credenze degli Inca il defunto non cessa di vivere e continua a emanare forza vitale e capacità oracolari: durante i riti religiosi piú importanti, come la cerimonia dell’Inti Raymi a Cuzco, le mummie dei sovrani venivano riesumate ed esposte sul Tempio del Sole, fatte sedere su seggiole d’oro e riverite con cibo e doni come se l’Inca fosse in vita.

Il culto dei morti era legato anche alla huaca, una parola in lingua quechua che significa “luogo sacro”: huaca poteva essere una tomba, un colle, un edificio o le stelle, che diventavano luoghi di venerazione visibili all’occhio umano tramite una fitta rete di linee immaginarie, le ceques, che componevano una virtuale mappa astrale. Dai 41 punti di osservazione del Tempio del Sole di Cuzco partivano ben 328 linee ideali che si congiungevano ad altrettante huacas sparse tra cielo e terra. La religione degli Inca verteva intorno al culto del Sole, ma col tempo altre divinità entrarono a far parte del pantheon degli dèi, talvolta ereditate dalle culture preincaiche, come Viracocha, il dio che aveva plasmato i primi uomini nell’argilla, o Inti Illapa, il dio dei Temporali che portava la pioggia, e la Madre Terra Mama Pacha che proteggeva i raccolti. Agli dèi venivano portate offerte preziose e in loro onore si celebravano sacrifici di sangue, specialmente di animali, ma talvolta anche di bambini.

Dei metalli preziosi si faceva un uso smodato e lo stesso Inca viveva in un mondo tutto d’oro: le pareti del suo palazzo erano rivestite d’oro, erano d’oro e d’argento il vasellame, gli arredi (persino le tinozze da bagno!) ed erano d’oro puro anche le pannocchie, i fiori, gli alberi e gli animali riprodotti in miniatura o in grandezza naturale che formavano una specie di «giardino delle delizie» dell’Inca. Tuttavia la ricchezza o l’importanza di una persona non era misurata sul possesso dell’oro: contavano di piú gli oggetti apparentemente senza valore come tessuti ricamati, vasellame, piumaggi e il numero dei servitori.