Gli animali da fattoria

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Le fattorie con animali domestici esistevano in Egitto fin dai tempi più antichi. Vi erano fattori e supervisori, assistenti e pastori specializzati in ciascun tipo di animale. Si allevavano vacche, pecore, capre, maiali, oche e altri uccelli, e anche specie selvatiche.

Gli animali da fattoria più diffusi erano i bovini e gli ovini. Venivano portati al pascolo ogni giorno e di notte venivano chiusi in recinti o cortili per proteggerli dalle bestie feroci e dai ladri.
Quando erano destinate al macello, le vacche venivano ingrassate. Si pascevano anche greggi di Ovis longipes palaeoaegyptiaca, pecore dalle corna lunghe e spiraliformi, alte e con la coda lunga. Un'altra specie era l'Ovis platyura aegyptiaca, dalle corna a spirale, più bassa e grassa, e con la coda corta. Fino al Periodo Tolemaico le capre domestiche dal pelo corto erano più numerose delle pecore. Il maiale egiziano era in realtà un cinghiale addomesticato e veniva allevato in fattorie già durante l'Antico Regno, anche se fino alla XVIII dinastia non esistono testi che ne parlino. Sappiamo che a Deir el-Medina vi erano fattorie di maiali. Nei terreni dei templi e in quelli dei re e dei nobili pascolavano grandi mandrie. In Egitto esistevano pecore già dai tempi preistorici. Tuttavia, quelle che attualmente si vedono al pascolo nei campi sono molto diverse dalle specie del Medio e del Nuovo Regno, che avevano le corna a spirale. Il montone era il simbolo del dio tebano Amon, la divinità principale del Nuovo Regno. Per tale motivo la sua carne non figurava tra le offerte presentate ai morti. Nemmeno i sacerdoti potevano mangiare il montone e portare vesti di lana. In un rilievo della mastaba di Kagemni, a Saqqara, è raffigurato un fattore che nutre un maialino da latte con la propria bocca. Il fatto di alimentare gli animali "in modo umano" e adeguato faceva parte del codice morale degli antichi Egizi. I rilievi dell'Antico Regno presentano il maiale come un animale magro, con le zampe lunghe, grosse setole sul dorso e muso allungato, segno che non era stato addomesticato da molto tempo.

In Egitto esistevano diverse specie di uccelli da cortile, che fornivano carne e uova. Le oche, che erano quelle più comuni e sono rappresentate in numerosi rilievi e dipinti. Un altro tipo di uccello, l'oca egizia selvatica, non si poté allevare in fattorie, al contrario di ben cinque specie di anatre. La gallina venne addomesticata a partire dal Periodo Persiano, tuttavia sembra che questa specie venga già menzionata nelle relazioni sulla spedizione di Thutmosi III in Siria. D'altra parte, sono stati trovati alcuni gusci di uova e un gallo disegnato su un ostrakon proveniente dalla Valle dei Re; forse, dunque, anche durante il Nuovo Regno furono allevate galline. Gli egizi ne mangiavano le uova e la carne, che, come quella di altri uccelli, veniva condita e consumata senza essere cucinata. Allevate per la loro carne, le oche erano gli uccelli da cortile più diffusi nell'antico Egitto. Esistono prove dell'allevamento di gru in fattorie a partire dal Medio Regno. Come le oche, anche questi trampolieri erano alimentati in modo forzato.
Un altro gallinaceo, la quaglia, era comune nei cortili dell'antico Egitto. È risaputo che esistevano fattorie avicole. Esse avevano proprie botteghe, magazzini e dormitori per il personale. Era conosciuta anche una sorta di incubazione artificiale: le uova venivano seppellite in un letamaio dal quale traevano il calore necessario per schiudersi. Vi erano anche colombaie, poste nelle terrazze delle case o in costruzioni realizzate appositamente. Una specie di uccello molto diffusa era il colombo Rock, che precedette quelli attuali domestici. I testi antichi provano che lo struzzo fu addomesticato in Egitto durante il Periodo Tolemaico: si mangiavano le uova e con le piume si fabbricavano ventagli. Dunque, agli egizi piaceva allevare animali, e non solo in funzione della loro utilità. I fattori conoscevano bene gli animali che allevavano: le loro abitudini nell'accoppiamento, il cibo che preferivano, la loro crescita, le malattie che potevano contrarre e altre caratteristiche. Ma questo legame speciale comportava il rischio di reciproche infezioni, soprattutto la tubercolosi bovina.

L'apicoltura

La raccolta del miele risale almeno all'Antico Regno. I bitiu, cioè gli apicoltori, erano veri e propri specialisti. Gli alveari erano fatti di fango mescolato con rami e canne. In alcune scene è rappresentata la raccolta del miele in vasi appropriati, che poi venivano sigillati per essere trasportati a destinazione. In alcune pitture murali della XVIII dinastia si vedono alcuni alveari, che consistono in vasi curvi di lato, l'uno sull'altro, sopra una base di argilla pressata; un apicoltore fa fumo per tenere lontane le api, mentre un altro toglie i favi e li pone in alcuni recipienti. Alla fine del processo si versava la cera in stampi triangolari. Il miele veniva utilizzato come dolcificante, dal momento che lo zucchero era allora sconosciuto. Veniva usato anche in pasticceria, per addolcire vini, in farmacia e in profumeria. La cera delle api era un altro prodotto derivante dalla cura degli alveari. Essa veniva utilizzata per ricoprire le tavolette di legno su cui si scrivevano annotazioni o si disegnava con un punzone metallico e anche nella magia, per le statuine dei sortilegi.