I profumi

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I profumi avevano una grande importanza nella vita quotidiana, ma ancora di più nel mondo dell'Aldilà, dove il defunto doveva conservarsi, per il maggior tempo possibile, con la fragranza degli aromi.

L'uso dei profumi non è adeguatamente trattato nei libri miniati nei sacri laboratori dei templi. I testi degli autori classici, quali Teofrasto o Plinio, parlano di oli e di grassi impiegati dagli antichi profumieri egizi. Come accade tuttora, l'impiego di oli e creme aiutava a mantenere la pelle sana e contrastava gli effetti dell'afoso clima nordafricano. L'olio dei semi della Balanites aegyptiaca era molto diffuso, anche se il più usato tra il popolo era l'olio di ricino. Per la fabbricazione dei profumi gli antichi egizi, che conoscevano diversi metodi per ottenerne, usavano mescolare questi oli con grassi animali. Qualche tecnica era molto simile a quella utilizzata per ottenere l'olio e il vino. Per pigiare i fiori o i semi, venivano utilizzati sacchi alle cui estremità erano posti dei bastoni di legno, che venivano fatti girare in direzione opposta al fine di esercitare una pressione che permetteva di spremere il contenuto dei sacchi. Un'altra tecnica prevedeva la sospensione di un'estremità del sacco ad un telaio, mentre il bastone, posto all'estremità opposta, era fatto girare dagli operai. La maggior parte delle antiche ricette riportano la descrizione del metodo utilizzato per la macerazione delle essenze scelte per la profumazione e alcuni frutti, come i datteri, erano utilizzati per realizzare prodotti cosmetici. Dai semi della Balanites aegyptiaca gli Egizi estraevano un pregiato olio aromatico, utilizzato in profumeria, insieme ad una polvere marrone, per tingere i capelli. Un frammento di rilievo, trovato in una tomba della XXX dinastia, mostra una fase del processo di preparazione di un'essenza profumata, in questo caso utilizzando dei gigli. Una volta raccolti, i fiori venivano posti in un sacco di lino e si procedeva a pigiarli. Per far questo alle estremità del sacco venivano legati dei bastoni, che due donne giravano in opposte direzioni; poi, si procedeva a far trasudare in un gran recipiente, situato proprio sotto di esso, il contenuto del sacco.

Gli egizi erano soliti applicare sui loro corpi numerosi unguenti, ottenuti con grasso di coccodrillo, ippopotamo, gatto, o da oli vegetali. Oltre a proteggere la pelle dai raggi del sole, tali essenze erano impiegate anche per i massaggi. È possibile che si ricorresse a determinati oli o unguenti per la rasatura. Non a caso, nei rilievi della XVIII dinastia si possono vedere barbieri con accanto oggetti che, presumibilmente, contengono oli. Per produrre creme e pomate, gli egizi impregnavano i grassi con profumi ottenuti dalla macerazione dei fiori. Durante i banchetti, i nobili si ponevano sulle acconciature dei coni contenenti una sostanza grassa e aromatica, che si scioglieva con il calore, sprigionando, in tal modo, un gradevole aroma. Generalmente, tali coni erano di colore bianco con striature color marrone e sfumature in arancione. Una delle tecniche più usate in profumeria era la macerazione, che appare rappresentata frequentemente nelle scene funebri. Questa tecnica prevedeva l'immersione di fiori, erbe, e persino frutti, in grassi o oli, ad una temperatura di circa 65 °C. Fiori e frutti erano poi pestati in un mortaio, nel quale si aggiungeva dell'olio, quindi il tutto era mescolato e mantenuto al caldo sul fuoco. Dopo, la miscela veniva colata e la si lasciava raffreddare. Se, una volta raffreddata, appariva solida, le veniva data una forma sferica o conica; se, invece, si manteneva liquida, era conservata in vasetti. Un altro sistema consisteva nel macerare i fiori in acqua, coprendo il recipiente con una tela impregnata di grasso. Il tutto si faceva bollire, così che l'essenza evaporasse, mentre il composto rimaneva incorporato al grasso, che poi era recuperato con la tela.

Il profumo rituale
I profumi avevano una funzione assai rilevante nei riti e nelle celebrazioni funebri. Gli egizi pensavano che perché il defunto conservasse il proprio corpo, questo dovesse essere profumato. Il corpo veniva quindi svuotato dalle viscere e, al loro posto, si introduceva resina profumata. Facendo riferimento all'imbalsamazione, Erodoto dice: «Riempiono il ventre con mirra pura triturata, cannella e altri aromi». Le resine profumate, bruciate durante i cortei funebri, simboleggiavano il soffio della vita immortale. Un'altra delle spezie aromatiche largamente utilizzata nei riti religiosi era l'incenso; particolarmente apprezzato era l'incenso rosso, o mirra. Tra l'altro, anche la statua del faraone defunto riceveva questo genere di cure: oltre alla purificazione, gli venivano applicati oli e unguenti profumati e, in più, fumigazioni di incenso.