Giudici e tribunali

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In Egitto l'organizzazione giudiziaria era rigida. È stato trovato un solo codice, ma sembra che la legislazione fosse molto chiara e precisa e formasse un corpo giuridico.

Lo studio delle leggi e della loro applicazione permette di conoscere il grado di sviluppo di una società. In Egitto la legge aveva alla base il concetto di maat. Il faraone dettava le leggi come espressione dell'ideale di giustizia; fissava ed estendeva le regole dell'organizzazione cosmica, che erano state messe in pratica nella creazione. Senza dubbio, insieme alle vecchie norme dettate dagli dei o da antichi re, i decreti, le concessioni di privilegi e le sentenze giudiziarie formavano il corpo giuridico. Non si può parlare di legislazione in senso stretto, ma si trattava di un diritto pratico: si decideva su ciascun caso nuovo, senza attenersi necessariamente al diritto antico applicato. In tal modo le leggi continuavano a essere applicabili finché non fossero state modificate da una decisione del re; il faraone poteva prendere risoluzioni in contrasto con la legislazione ma non con l'idea di maat. Sfortunatamente sono scarsi i documenti sull'applicazione delle leggi. Maat era anche la dea della giustizia. Questa dea personifica la legge e l'ordine esistenti, l'armonia, la giustizia e la verità nel pantheon egizio e nella società umana. Porta una piuma di struzzo sul capo, che la rappresenta nella scrittura geroglifica. Fu nota come figlia di Ra. Nel Libro dei Morti è presente nel giudizio dell'anima, quando il cuore del defunto viene pesato per decidere se possa entrare nell'aldilà. Maat era la protettrice dei giudici e la sua effigie presiedeva i giudizi. Fu venerata nel tempio di Montu, a Karnak, e in molti centri dedicati ad altri dei. Il maat appartiene al faraone. Tutto ciò che svolge una funzione giudiziaria, a qualsiasi livello, può farlo in quanto possiede un maat specifico derivante da quello originario. Il visir e gli scribi sono, in diverso grado, sacerdoti e custodi di Maat. Il faraone manteneva il maat in Egitto. Era questo il suo compito principale, poiché assicurava lo stato di ordine divino e la giustizia; doveva governare secondo verità, prevenendo la lotta e le difficoltà e conservando il ritmo della natura. Doveva compiere i riti divini in ogni tempio, offrendo incenso al dio e presentando la figura di Maat per simboleggiare l'ordine del regno. Maat è l'offerta fatta a tutti gli dei per eccellenza, poiché di essa si alimentano. In molti templi vi è un bassorilievo con la sua rappresentazione; la scena simboleggia il dialogo permanente tra gli uomini e la divinità.

Le sentenze venivano emesse essenzialmente dal faraone. Qualsiasi faccenda poteva essere portata a sua conoscenza. Lo seguiva il visir, intermediario tra il faraone e gli organi di governo; insieme al re, egli era il giudice supremo del paese, ma aiutato da tutta un'amministrazione giudiziaria che si sviluppò nel corso del tempo. Durante la V dinastia (2494-2345 a.C.) esistevano sei tribunali, chiamati "dimore venerabili", con alti funzionari come giudici e personale ausiliario. Anche i governatori delle province esercitavano funzioni giudiziarie. Nel Nuovo Regno (1552-1069 a.C.) vi erano tribunali locali, composti dai notabili, il cui compito consisteva nello svolgimento di indagini nel luogo in cui sorgeva la lite. Possediamo poche informazioni sul procedimento giuridico, ma sappiamo che attori e convenuti si difendevano da soli e le decisioni si basavano su prove documentali, supportate da testimonianze. Per i crimini, le udienze cominciavano con l'interrogatorio degli imputati; si ricorreva persino alla tortura. Se venivano ritenuti colpevoli, si rimetteva il caso al faraone, affinché decidesse la pena. Nel Nuovo Regno gli attori poterono ricorrere agli oracoli, chiedendo giustizia alla statua di un re o di un dio, durante le festività religiose.

Il visir indossava lunghe vesti, annodate con una corda sotto al petto come primo segno che lo identificava e gli conferiva l'aspetto di uomo importante e rispettabile. Altro emblema era la figura della dea Maat, che portava sul petto a rappresentare la sua funzione principale di far regnare l'ordine morale, la verità e la giustizia. Era giudice supremo, incorruttibile, che puniva chi mentiva e accontentava tutti. Doveva essere buono con tutti, cosa che gli assicurava l'approvazione dei saggi. Talvolta il visir non aveva il potere di pronunciare una sentenza, come nel caso di crimini o furti nella necropoli reale; in tal caso decideva il faraone, sulla base delle indagini svolte da una commissione composta dal visir e da alti funzionari, che comunicava le sue conclusioni per iscritto. Il procedimento veniva poi rimesso al faraone, che deliberava con il suo consiglio privato, di cui il visir era membro aggiunto. Ogni caso veniva giudicato separatamente e veniva imposta la pena adeguata. Esistevano anche tribunali locali, nei quali il visir inviava un funzionario per le decisioni particolari. Egli ascoltava le testimonianze sul posto e, insieme al tribunale, emetteva il giudizio, dettava la sentenza e inviava le parti essenziali all'ufficio del visir, dove venivano conservate. I tribunali locali non erano di prima istanza, ma ausiliari della giustizia reale. Durante il Nuovo Regno, la corte di giustizia, o Grande Casa, veniva convocata dal visir davanti alla porta del tempio, vicino alla grande porta con piloni; essa era nota come il luogo di giustizia del faraone e alcuni poeti la chiamarono "porta del dire la verità".

I documenti giuridici risalgono a periodi più recenti: sono papiri scritti principalmente in demotico o direttamente in greco. Da essi si deduce che vi era un concetto chiaro di proprietà privata, trasmissibile per eredità o tra vivi, come vendita o donazione. Esisteva uguaglianza giuridica tra marito e moglie, che potevano pattuire contratti matrimoniali e mettere in atto legati o locazioni. Si procedeva inoltre alla registrazione dei contratti. Non era sconosciuto il diritto internazionale. Anche gli dei avevano le loro divergenze per conflitti di interesse, che si accompagnavano a scontri giudiziari. Thot li convocava in assemblea: in caso di conflitto, il demiurgo chiedeva l'opinione di tutti e si svolgeva il processo. Queste riunioni facevano le veci del tribunale, presieduto dal demiurgo e in cui il dio Thot fungeva da giudice, arbitro e cancelliere. Le querele o atti d'accusa si comunicavano a Ra, che decideva se rimetterle o meno. Nessuna divinità era immune da rimproveri e denunce. Thot elencava i capi d'accusa davanti alle divinità, che potevano essere allo stesso tempo giudici, giurati e testimoni.