pròstata, tumore della

adenocarcinoma della prostata; è il tumore più frequente oltre i 65 anni e rappresenta la terza causa di morte per tumore nei maschi. Si manifesta per lo più con progressiva difficoltà nella minzione, frequente, scarsa e accompagnata da bruciore e dolore a livello lombare, pelvico o inguinale. Il tumore della pròstata si sviluppa lentamente e si diffonde tendenzialmente alle ossa (metastasi di solito di tipo osteoblastico) e al midollo osseo, oltre che produrre marker facilmente dosabili nel sangue (la fosfatasi acida sierica e l'antigene prostatico specifico, o PSA). Nelle forme localizzate la terapia si basa sull'intervento chirurgico di prostatectomia e, con minore efficacia, sulla radioterapia, esterna o interstiziale. Nelle forme già metastatizzate, poiché gli ormoni androgeni esercitano un'azione permissiva sulla crescita tumorale, un intervento terapeutico in grado di rallentare l'evoluzione del tumore consiste appunto nel blocco androgenico, ottenibile per castrazione chirurgica (orchiectomia) o per via farmacologica. In questo secondo caso, ormai prevalente, le possibilità sono diverse: blocco farmacologico centrale a livello dell'ipofisi dove avviene la regolazione della secrezione (ottenibile mediante terapia con estrogeni o con farmaci selettivi di sintesi: per esempio il buserelin o la leuprolide); inibizione della sintesi di androgeni a livello delle ghiandole surrenali (aminoglutetimide) oppure blocco dell'azione periferica degli ormoni (mediante ciproterone o flutamide). La chemioterapia viene riservata ai casi refrattari all'ormonoterapia, ma ha efficacia molto scarsa. Non esiste per ora la possibilità di una prevenzione primaria del tumore della pròstata; la diagnosi precoce può essere ottenuta mediante l'esplorazione rettale, da consigliarsi annualmente a partire dai 50 anni. Circa il 60% dei tumori della pròstata è confinato alla ghiandola: una diagnosi formulata in questa fase permette a 8 pazienti su 10 di guarire. Negli ultimi venti anni le percentuali di sopravvivenza a 5 anni, per tutti gli stadi considerati, sono aumentate dal 50 al 70%. Una nuova metodica tuttavia permette di ridurre il numero di biopsie "inutili": un nomogramma che utilizza numerosi parametri come il livello del PSA, anamnesi clinica ed ecografia transrettale oltre ad altri dati di laboratorio, calcola la percentuale di probabilità rispetto alla presenza di un tumore con grande precisione.
Nel 2008 uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità ha aperto una nuova prospettiva per la cura di questo tumore in fase avanzata: nel cromosoma 13 sono stati individuati due geni che normalmente frenano lo sviluppo del cancro, ma che se deteriorati o scomparsi permettono al tumore di cresce in modo incontrollato, mentre reintrodotti fanno morire le cellule malate.