convulsioni febbrili

(o iperpiretiche), crisi convulsive generalizzate, con durata massima di 10-15 minuti, che si verificano nel corso di un accesso febbrile (temperatura superiore a 38 °C), durante la fase d'aumento rapido della temperatura, indipendentemente da malattie neurologiche attuali o precedenti. Sono caratteristiche della prima-seconda infanzia (6 mesi-6 anni): il 3-5% dei bambini di questa età hanno convulsioni febbrili e il periodo di maggiore incidenza è intorno al secondo anno. Spesso nelle famiglie di questi bambini vi è un parente che ha avuto convulsioni febbrili durante l'infanzia. Durante la crisi il bambino presenta clonie (scosse), può diventare rigido oppure atonico (molle) e perdere conoscenza. La diagnosi viene formulata in base alla sintomatologia e all'elettroencefalogramma, che al difuori della crisi (fase intercritica) è normale. Le convulsioni febbrili possono ripetersi col ripetersi degli episodi febbrili, ma la possibilità che evolvano in un'epilessia è bassa (2-5%). Vi sono anche convulsioni febbrili complesse che però compaiono prima dei 18 mesi, hanno durata superiore a 15 minuti e interessano solo metà corpo. Queste ultime sono più frequenti nei bambini con precedenti disturbi neurologici, e il cui elettroencefalogramma intercritico presenta alterazioni. La terapia della fase acuta (benzodiazepine endovena o come clistere) sarà praticata in ospedale, dove il bambino deve essere accompagnato prima possibile, o dalla guardia medica. La somministrazione orale di diazepam all'inizio di un nuovo attacco febbrile può prevenire recidive. In casi particolari dopo la fase acuta potrà essere instaurata una terapia con farmaci antiepilettici per evitare che le crisi si ripetano al verificarsi di nuovi episodi febbrili. Nel complesso la durata della terapia sarà di 2-3 anni.