curarici

farmaci di origine vegetale (per esempio, estratti da alcune piante dei generi Strychnos e Chondodendron) o di produzione sintetica che, come il curaro, agiscono sulla muscolatura volontaria con effetti paralizzanti in quanto bloccano la trasmissione degli impulsi dai nervi motori alle fibre muscolari striate. In rapporto al meccanismo d'azione i curarici si distinguono in competitivi e depolarizzanti. I primi antagonizzano con meccanismo competitivo l'azione dell'acetilcolina, i secondi provocano invece un accumulo della stessa acetilcolina nelle giunzioni neuromuscolari, determinando uno stato di depolarizzazione permanente, che si traduce nel blocco della trasmissione degli stimoli. I curarici determinano una paralisi che colpisce progressivamente i muscoli delle palpebre, gli oculomotori, i muscoli del collo, i faringei e i laringei (impedimento della deglutizione e della fonazione), quindi i muscoli degli arti superiori e inferiori. Vengono infine bloccati i muscoli intercostali e il diaframma, con conseguente asfissia per arresto della respirazione. I caratteri e l'estensione della paralisi dipendono dal tipo di curarici, dalla dose impiegata e dalla velocità della somministrazione, endovenosa o intramuscolare. Sono: la gallamina, la succinilcolina, il decametonio, il benzochinonio. Vengono adoperati in anestesia per produrre il completo rilasciamento muscolare negli interventi sull'addome e sul torace, nella chirurgia oftalmica, otorinolaringoiatrica, ortopedica, urologica ecc., allo scopo di consentire una più estesa esposizione delle parti anatomiche e di rendere più agevole l'opera del chirurgo. L'impiego di curarici (curarizzazione) comporta il mantenimento dell'attività respiratoria mediante apparecchiature artificiali (respiratori automatici).