amebìasi

parassitosi determinata dalla colonizzazione dell'organismo da parte del protozoo Entamoeba histolytica, che può rimanere allo stato silente, determinare infezione del tratto intestinale (infezione amebica) o invadere altri organi dopo aver superato la parete intestinale (malattia amebica). È soprattutto diffusa in Medio Oriente, Africa, America Centrale e Meridionale, a causa delle scadenti condizioni igienico-sanitarie. In Italia quasi tutti i casi riscontrati sono stati contratti durante viaggi nelle località suddette, anche se è tuttora presente il rischio di contrarre l'infezione durante la stagione estiva anche nel Mezzogiorno e nelle isole, quando le condizioni igienico-sanitarie siano particolarmente compromesse. Il contagio avviene dal portatore sano, dal convalescente o dal portatore cronico, che eliminano con le feci le cisti, le quali, resistendo a lungo nell'ambiente, contagiano le acque, il terreno, gli alimenti (specialmente le verdure). Il malato in fase acuta non è contagioso perché non elimina le cisti, ma solo il parassita, che non sopravvive nell'ambiente. Non è perciò necessario l'isolamento del malato, tuttavia si consiglia prudenza nella manipolazione delle feci e della biancheria, specialmente nella fase conclusiva della malattia. L'incubazione dura circa 2-3 settimane, poi insorgono diarrea, dolori addominali, malessere. Nei casi più gravi le feci sono accompagnate dall'emissione di muco e sangue; possono essere presenti vomito e dolore addominale violento. In caso di colonizzazione extraintestinale l'organo più colpito è il fegato, con dolori e disturbi digestivi o febbre elevata nel caso della formazione di un ascesso epatico. Alla diagnosi si arriva con la ricerca del parassita o delle cisti nelle feci. Per la prevenzione è importante, nelle zone a rischio, evitare il consumo di acqua non bollita, di verdure crude e cibi esposti al contatto con le mosche. La terapia è effettuata con il metronidazolo.