Un gene una proteina

Il gene è l'unità fondamentale dell'ereditarietà, ma fino al 1945 non vi erano spiegazioni esaurienti sulle sue funzioni. I geni venivano identificati solo attraverso mutazioni che producevano aberrazioni visibili nel fenotipo.

Per aberrazioni si intendono anche difetti nelle reazioni biochimiche, e molti di questi difetti venivano associati a mutazioni specifiche: però il ruolo del gene in tutto questo rimaneva sconosciuto.

Il primo valido tentativo di associare i geni a enzimi, cioè proteine in grado di favorire una determinata reazione chimica, fu compiuto dallo statunitense George W. Beadle attorno al 1930, durante lo studio delle varie fasi dello sviluppo dell'occhio rosso (normale) di Drosophila e, ancor più, con esperimenti che utilizzavano il fungo Neurospora crassa. Questo fungo è la comune muffa che cresce sul pane e su altre sostanze, facilmente coltivabile in laboratorio. Vennero generati, mediante irradiazione con raggi X, dei funghi mutanti, selezionati per l'incapacità di vivere senza l'aggiunta dall'esterno di una determinata sostanza di crescita: si provocava cioè un difetto enzimatico nel fungo. L'identificazione della sostanza di crescita mancante, e necessaria per la sopravvivenza di ciascun mutante, provava la natura biochimica del difetto. Ciascun mutante risultava bloccato in un particolare momento metabolico, che nel fungo di tipo selvatico normale veniva garantito da un certo enzima.

A partire dal 1945 i risultati di queste ricerche vennero conosciuti e sintetizzati con la ipotesi un gene un enzima. Secondo questa ipotesi ciascun passaggio metabolico è attivato da un enzima particolare, la cui produzione è dovuta all'azione di un singolo gene. Una mutazione nel gene può alterare l'attività della proteina di cui è responsabile. In genere la maggior parte delle mutazioni dà luogo a geni non funzionali, nei quali non si verifica sintesi di alcuna proteina; altre volte, invece, si ha la sintesi di una proteina alterata. Questo spiega la natura delle mutazioni recessive: esse rappresentano un'assenza della funzione perché il gene che ha subito una mutazione non è più in grado di produrre l'abituale enzima, ma in un eterozigote contenente un gene originario e un gene mutato si può avere ugualmente una produzione sufficiente dell'enzima.

Per quanto riguarda le proteine composte da più di una subunità, è necessario apportare delle modifiche al concetto "un gene un enzima". Se le subunità delle proteine complesse sono uguali, basta un singolo gene; se le subunità sono invece diverse, ciascun tipo di subunità ha bisogno di un gene per essere prodotta. L'emoglobina, necessaria al trasporto dell'ossigeno nel sangue, è un esempio di proteina composta da due tipi di catena polipeptidica: catene alfa e catene beta. Le subunità della catena alfa sono il prodotto di un gene diverso da quello delle catene beta. Per comprendere anche questo tipo di proteine l'ipotesi un gene un enzima viene riespressa come un gene una catena polipeptidica.