Forbici per il DNA: gli enzimi di restrizione

Gli enzimi di restrizione sono enzimi di origine batterica che tagliano il DNA in punti specifici, diversi per ciascun enzima, permettendo così di frammentare il genoma in maniera precisa e riproducibile. Questi enzimi sono stati scoperti nei batteri, dove svolgono un'azione distruttiva nei confronti di eventuale DNA estraneo.

Il DNA del batterio è modificato in modo da non essere tagliato dagli enzimi. Gli enzimi di restrizione tagliano sequenze specifiche del DNA, di grandezza variabile da 4 a 6 basi e diverse per ciascun enzima. I tagli possono avvenire all'interno della catena, per opera delle endonucleasi, o alle estremità, per opera delle esonucleasi. L'utilizzazione di questi enzimi ha permesso di isolare singoli frammenti di DNA. Questi frammenti possono poi essere separati per dimensione utilizzando tecniche particolari.

Il procedimento che comprende l'inserimento di un gene in un vettore e la sua amplificazione all'interno di un organismo viene detto clonaggio, poiché consente la riproduzione di un gran numero di copie identiche (clone) di quel gene. Perché il gene che ci interessa si possa replicare nella cellula ricevente è necessario che venga inserito in particolari molecole di DNA, chiamate vettori, che devono possedere due fondamentali caratteristiche: poter penetrare nella cellula ospite e contenere tutte le informazioni (segnali) necessarie alla loro replicazione.

I vettori maggiormente utilizzati per il trasporto dei geni sono i plasmidi batterici, piccoli filamenti circolari di DNA che si replicano autonomamente dal genoma batterico e da virus batterici (fagi). Le cellule più comunemente usate come ospiti sono i batteri.
I plasmidi sono presenti in natura nei batteri, ai quali in genere conferiscono vantaggi selettivi, trasportando geni per la resistenza a qualche antibiotico. Per essere trasformati in vettori, i plasmidi vengono opportunamente modificati in laboratorio in modo da rendere più efficienti sia l'inserimento del gene sia la sua replicazione.

Uno dei vettori plasmidici artificiali più noti si chiama pBR322, ed è formato da porzioni di plasmidi diversi che gli conferiscono alcune caratteristiche vantaggiose (siti del DNA che possono essere riconosciuti da enzimi di restrizione specifici, e la resistenza a due diversi antibiotici) che saranno utili per selezionare il gene ricombinante, cioè il gene inserito nel vettore. Infatti il gene viene inserito utilizzando un enzima di restrizione, che riconosce e taglia sia il gene sia il vettore. Il taglio nel vettore avviene in corrispondenza del gene per la resistenza a un antibiotico e al suo posto si inserisce il gene di interesse. Il gene ricombinante potrà essere facilmente distinto e isolato dal vettore di partenza, poiché avrà perso la resistenza a uno dei due antibiotici.
Un altro tipo di vettori per trasferire geni nei batteri è costituito dai virus che li infettano: i batteriofagi o, più semplicemente, fagi. Il più usato è il fago lambda, il cui DNA è noto, cosa che rende possibile la manipolazione dei suoi geni.

Per riconoscere un determinato gene, sia nel genoma originale sia nelle varie tappe del clonaggio, è necessario possedere una copia di quel gene, o clonato in un batterio o sotto forma del suo trascritto (l'mRNA) o la sua copia dall'mRNA costruita in laboratorio mediante l'uso dell'enzima trascrittasi inversa. Queste copie possono essere impiegate come sonde (probe, in inglese) per identificare un determinato gene, perché hanno la capacità di ibridarsi, cioè riconoscere tratti di DNA complementari a loro.
La tecnica di rilevamento dell'ibridazione è denominata Southern blotting. Essa si è dimostrata un valido strumento di analisi del genoma degli eucarioti. Una tecnica analoga, denominata Northern blotting, viene usata per effettuare l'analisi dell'RNA.

Cfr: Antibatterico