Il parto medico

Esistono una serie di situazioni in cui si rende necessario l'intervento del medico per indurre o facilitare un travaglio (parto indotto o pilotato), un'espulsione difficoltosa del feto (forcipe e ventosa), o per estrarre chirurgicamente il bambino attraverso un'operazione sull'utero eseguita in anestesia (taglio o parto cesareo).

Il parto indotto consiste nella somministrazione in vagina di candelette o gel di prostaglandine per scatenare l'inizio delle contrazioni in gravidanze oltre il termine, a termine ma con rottura del sacco amniotico da più di 24-48 ore, o prima del termine ma con caratteristiche particolari (feto già grosso, riduzione del liquido amniotico, malattie materne). Nel parto pilotato, invece, il travaglio è già avviato spontaneamente ma si prolunga eccessivamente e le contrazioni divengono via via meno efficaci: in questi casi viene somministrata l'ossitocina per via endovenosa attraverso una fleboclisi.

L'uso del forcipe e della ventosa è oggi diventato sempre più raro ed è limitato a quelle situazioni in cui è necessario far nascere il bambino più in fretta possibile a causa dell'insorgenza di complicazioni in una fase di travaglio talmente avanzato da non consentire più l'attuazione di un taglio cesareo. Oltre ai tagli cesarei eseguiti d'urgenza, talvolta è possibile programmare il parto con questa modalità; le indicazioni principali al cesareo sono le presentazioni anomale del feto (di faccia, di fronte, di spalla, podalico), la sproporzione tra il bacino materno toppo piccolo e la testa fetale, la gravidanza gemellare, la prematurità, le anomalie dell'utero o di posizione della placenta. Spesso, inoltre, si preferisce attuare un parto cesareo anche alle donne che abbiano già partorito in precedenza con un parto cesareo, per evitare eccessive sollecitazioni sulla cicatrice dell'utero da parte delle contrazioni.