Musicoterapia

Da sempre alla musica è stato attribuito un potere magico e curativo.

Una funzione religiosa e terapeutica le fu riconosciuta da antiche culture come quella egiziana e assiro-babilonese; Aristotele e Pitagora credevano che il suo ascolto avesse il potere di facilitare il processo di guarigione; sciamani e stregoni hanno utilizzato il canto e il suono del tamburo per accompagnare la somministrazione di medicamenti naturali.
 

Nel Rinascimento si è cominciato a studiare l'effetto della musica sul ritmo respiratorio, sulla pressione arteriosa, sulle pulsazioni cardiache e sull'attività muscolare. Risale al 1811 un Trattato sull'influenza della musica sul corpo umano, scritto da Piero Linchental, medico e compositore italo-ungherese, mentre nel 1875 venivano pubblicati i primi studi di musicoterapia effettuati dal medico francese Chomet.

Ma è soltanto negli ultimi decenni che l'interesse e la ricerca sugli effetti fisiologici e psicologici della musica si sono intensificati. L'attività terapeutica della musica è stata utilizzata nei disturbi di origine psicosomatica, nella riabilitazione di bambini affetti da handicap e come coadiuvante di trattamenti contro il dolore (in ostetricia, in odontoiatria). Attualmente vengono prospettate sempre nuove applicazioni: per esempio, nel settembre del 1994, si è tenuta in Inghilterra la prima conferenza internazionale sull'impiego della musicoterapia nelle cure palliative dei cosiddetti malati terminali.
Alcuni ricercatori sostengono che l'impiego della musica faciliti il ripristino dei ritmi fondamentali dell'organismo e della loro sincronia. L'utilità del suo impiego nelle più diverse età e patologie è ormai un dato di fatto: buoni risultati sono stati ottenuti nei nati prematuri, così come negli anziani, nei soggetti con deficit cognitivi e psicomotori, ritardo mentale, autismo, nel morbo di Alzheimer e in altre forme di demenza, nel dolore cronico, nelle malattie cardiovascolari, nel cancro.


Riassumendo, il trattamento musicoterapico può essere applicato nei seguenti casi:
- disturbi di origine psicosomatica;
- disturbi digestivi;
- disturbi respiratori;
- aritmie cardiache;
- stati ansiosi;
- insonnia e altri disturbi del ritmo sonno-veglia;
- autismo;
- profilassi del dolore;
- preparazione al parto e parto indolore;
- odontoiatria, piccola chirurgia;
- nevrosi, sindromi depressive;
- rieducazione di tutti i disturbi psicomotori;
- cure palliative del cancro;
- morbo di Alzheimer e altre forme di demenza.
 

La musicoterapia può essere praticata secondo due metodologie: quella attiva, prevede che sia lo stesso paziente a creare ed emettere suoni e rumori con l'impiego di semplici strumenti musicali; quella passiva o recettiva, invece, è legata essenzialmente all'ascolto di brani musicali scelti dal terapeuta. In questo secondo caso, va tenuto presente che esistono una serie di condizioni da rispettare per garantire l'efficacia delle sedute, che durano circa un'ora e devono svolgersi in un ambiente isolato acusticamente, tranquillo, privo di oggetti che possano distogliere l'attenzione del paziente, impedendone la concentrazione; il livello sonoro della musica dev'essere compreso fra 4 e 5 decibel e i brani da proporre vanno scelta accuratamente in funzione della personalità di cui il paziente è portatore e dei suoi specifici disturbi.
 

L'obiettivo principale della musicoterapia attiva è quello di attivare la comunicazione: attraverso il mezzo sonoro, l'individuo scopre infatti la possibilità di esprimersi, di sentirsi accettato e integrato nel gruppo. L'applicazione più interessante di questo metodo riguarda i bambini autistici (che vivono isolati in un mondo impenetrabile e si esprimono solo attraverso grida, rumori e un dondolamento ritmico costante), i bambini sordi o ipoacusici, i soggetti con handicap motori o cerebrolesi.
 

Attraverso l'ascolto di opere musicali, la musicoterapia passiva o recettiva si propone invece le seguenti finalità:
- l'induzione di reazioni affettive;
- la distensione e il primo stadio del rilassamento;
- la scomparsa dei disturbi del pensiero;
- il risveglio dell'immaginazione;
- l'aumento delle capacità d'attenzione e d'ascolto;
- l'attenuazione dell'aggressività;
- il recupero dei ritmi biologici.