L'Aquila e il silenzio del ricordo: le macerie, la ricostruzione e la speranza dopo il terremoto

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309 rintocchi per ricordare altrettanti nomi, quelli delle vittime del violento terremoto che esattamente due anni fa, il 6 aprile del 2009, colpì la città dell'Aquila e 56 paesi ad essa confinanti.

Una scossa terribile, dal grande potere distruttivo: pari ad una magnitudo di 6.3 gradi, il terremoto colpì nel cuore della notte, mentre l’intera popolazione dormiva. I crolli successivi all’evento sismico colpirono abitazioni private, resero gli ospedali inagibili, distrussero il patrimonio architettonico della città con danni stimati per oltre 10 milioni di euro.

Quello che seguì fu il rumore assordante del silenzio: il silenzio dell’incredulità, il silenzio del dolore per le vittime, i feriti e le migliaia di sfollati. Un silenzio che è si è rifatto vivo durante la cerimonia commemorativa, quando più di 20mila persone e migliaia di fiaccole hanno invaso le strade della città con un corteo raccolto, ancora pregno di dolore. 

Un corteo notturno, a memoria del tremendo momento di buio vissuto alle 3.32 del mattino di due anni fa, quando gli aquilani addormentati furono svegliati dalla furia distruttiva del terremoto. Una scossa potente, che rappresenta il triste epilogo di uno sciame sismico cominciato qualche mese prima, il 14 dicembre 2008, con fenomeni sismici di lieve intensità, poi culminati nel mainshock del 6 aprile. 309 vittime, circa 2000 feriti, innumerevoli sfollati e una città ridotta in macerie.

Una zona, quella dell’aquilano e dell’Appennino in generale, purtroppo contraddistinta da sempre dal rischio sismico, essendo localizzata nei pressi di diverse faglie attive e note da tempo. Faglie che, essendo profonde fratture nella roccia, possono perdere l’equilibrio statico che le contraddistingue, arrivando a liberare quell’energia che, poi, dà vita all’evento sismico così come lo conosciamo.

L’Aquila due anni dopo. Una città che fatica a riprendersi, in cui l’opera di ricostruzione procede a rilento, in cui sono ancora moltissime le strutture che, trascorso un biennio, non hanno ancora pronto un progetto di riedificazione. Il centro storico è, ad oggi, ancora zona rossa, chiusa, transennata e invasa dalle macerie derivanti dai crolli e dalle successive demolizioni. Una città in cui si respira ancora desolazione e abbandono, in cui sono ancora migliaia le persone assistite dal comune o alloggiate in strutture a carico dello Stato.

Oggi L'Aquila ricorda, ma il ricordo è sempre accompagnato dalla strenua volontà di volersi rialzare, nella speranza di ritrovare quel senso di normalità derivante dal quotidiano che, due anni fa, si è spezzato.