Addio a Tullio De Mauro, linguista e figura di spicco della cultura italiana

tullio-de-mauro

L'Italia dice addio a Tullio De Mauro. Il linguista aveva 84 anni. È stato uno dei paladini ed esploratori della lingua italiana, da sempre impegnato nell'indagine sociale attraverso tutte le espressioni linguistiche esistenti, dialetti compresi.

Oltre ad essere stato Ministro dell'Istruzione, è stato anche presidente della Fondazione Bellonci, che organizza il celebre Premio Strega.

Nato a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, nel 1932, si era laureato a Roma nel 1956, con Antonino Pagliaro. È stato lui a introdurre in Italia gli studi linguistici, emancipandoli dalla glottologia e dalla storia della lingua. Sua è l'innovativa traduzione di "Cours de linguistique générale" di Ferdinand de Saussurre.

Ricercatore instancabile e docente universitario, fu scelto da Giuliano Amato per ricoprire il ruolo di ministro della Pubblica Istruzione dal 2000 al 2001. Nel 2001 è stato nominato Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana.

Tra le sue opere più importanti ricordiamo la "Storia linguistica dell'Italia unita" (1963) e "Il grande dizionario italiano dell'uso". Ha anche curato il "DAIC. Dizionario avanzato dell'italiano corrente" (1997), il "Dizionario della lingua italiana" (2000), il "Dizionario etimologico" (con M. Mancini, 2000) e il "Dizionario delle parole straniere nella lingua italiana" (con M. Mancini, 2001). Intensa anche la sua attività pubblicistica: ha collaborato, tra l'altro, con Il Mondo (1956-64) e L'Espresso (1981-90).

Tullio De Mauro è stato anche un grande difensore dei dialetti, intesi come seconda lingua, quella dell'espressività e dell'affettività. Per lui rappresentava un arricchimento della capacità comunicativa. Le sue ricerche hanno dimostrato che i dialetti erano tutt'altro che morti.

Secondo il linguista napoletano l'arretratezza del nostro Paese risiedeva nella perdita progressiva di competenze reali una volta lasciata la scuola. Il riferimento non è alle competenze formali, bensì al grado di consapevolezza complessiva linguistica che gli italiani conservavano dopo aver completato il percorso di studi.