Michelangelo Antonioni e il cinema dell’incomunicabilità: la vita di un regista che diventa poeta

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Ha rinnovato il cinema e la drammaturgia del grande schermo, ha contribuito a rendere indimenticabile la cinematografia italiana degli anni sessanta e settanta, ha dato voce all'animo umano e alle sue inquietudini diventando un maestro ovunque acclamato: Michelangelo Antonioni è considerato, a ragione, uno dei più grandi registi della storia del cinema.

Quella di Antonioni è una cinematografia dal sapore ancora oggi attuale, capace di superare i confini del tempo per diventare una pietra miliare degli atavici turbamenti dell'animo umano. A cento anni dalla nascita, la maestria di Antonioni è insuperata: unico e inimitabile cantore dell'incomunicabilità, il regista ha rinnovato dal suo interno il linguaggio cinematografico, codificandone uno a lui consono: solo così è stato in grado di raccontare al pubblico i lati più nascosti e celati dell’animo umano.

Michelangelo Antonioni nasce a Ferrara il 29 settembre del 1912, ma solo negli anni '50 approda al cinema: dopo aver frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia e aver lavorato al fianco di grandi maestri come Rossellini e Visconti, Antonioni cambia direzione e si discosta dall'imperante neorealismo cinematografico di quegli anni per concentrasi maggiormente sul concetto di individuo.

Una tendenza che appare già chiara ed evidente nel suo primo lungometraggio, "Cronaca di un amore": uscito nel 1950, il primo lavoro di Antonioni fa emergere fin da subito un registro di narrazione totalmente personale, capace di discostarsi di netto dalla già acclamata cinematografia italiana del tempo. Un intreccio noir, un torbido adulterio e un'attenzione maniacale al singolo e ai dettagli: in sintesi è questo "Cronaca di un amore". Antonioni si allontana dai soggetti populisti del precedente decennio cinematografico per dar voce al mondo dell'individualità e del singolo.

Il regista inverte la rotta narrativa del cinema italiano diventando emblema del passaggio da un'epoca all'altra: i temi generali e la critica sociale arrivano dall'analisi dei singoli personaggi, dall'attenzione ai loro gesti, alle loro azioni e comportamenti, giungendo così a descrivere l'aridità e l'incomunicabilità insita del mondo borghese del tempo.

La consacrazione di Antonioni, però, arriva negli anni '60 quando sul grande schermo approda la cosiddetta trilogia esistenziale dei sentimenti: con "L'avventura" (1960), "La notte" (1961) e "L'eclisse" (1962) oltre al tema dell'incomunicabilità, Antonioni utilizza anche un diverso registro narrativo, caratterizzato da rigore stilistico e impareggiabile tecnica.

Acclamato dal pubblico, nel decennio successivo Antonioni lavora all'estero e gira "Blow-Up", "Zabriskie Point" e “Professione: reporter” per il produttore Carlo Ponti: lungometraggi che lo consacrano anche al pubblico straniero.

Una carriera molto lunga e intensa, quella di Michelangelo Antonioni, una bravura indiscussa, una tecnica registica impareggiabile e un punto di vista inconsueto e originale che nel 1995 gli fanno guadagnare l'Oscar alla carriera.

Antonioni si spegne, dopo una lunga malattia, il 30 luglio 2007, lasciando dietro di sé un universo cinematografico in cui i concetti dell'attesa, dell'assenza e del desiderio incomunicabile diventano stilemi di un cinema totalmente inedito. Poeta e regista allo stesso tempo, Antonioni è ancora oggi un silenzioso cantore dell'incomunicabile società moderna e contemporanea.