William Shakespeare: autoritratto celebrativo del "bardo" a 450 anni dalla sua nascita

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Recentemente il British Council, l’ente governativo che promuove la lingua e le tradizioni inglesi nel mondo, ha domandato a cinquemila persone di nazionalità diversa “cosa viene in mente quando si pensa alla Gran Bretagna e alla sua cultura”. La risposta più frequente è stata “William Shakespeare”.

Il fascino internazionale del “bardo”, così soprannominato per le sue grandi doti di poeta, ancora oggi attira a Stratford upon Avon (sua città nativa) 2 milioni di visitatori all’anno. A 450 anni dalla nascita (la cui data è convenzionalmente il 23 aprile 1564) l’autore è considerato dai letterati il drammaturgo più influente della storia occidentale, tanto che vanta 10 milioni di follower sui social network per stima di romanzieri, accademici e appassionati, che risulta 54 milioni di volte nelle voci di Google e che è 3° nella classifica “who’s bigger” delle personalità più eminenti di sempre, dopo Gesù e Napoleone.

È spesso menzionato come il creatore del “teatro moderno”, coniugando il gusto popolare della sua epoca con una complessa caratterizzazione dei personaggi e una poetica raffinata. Ha composto opere, sonetti e poemi senza tempo che gli fecero ricevere lodi anche mentre era in vita, come quando nel 1598 Francis Meres lo incluse tra gli scrittori “più eccellenti” affermando che se le Muse avessero parlato inglese avrebbero scelto le ben limate frasi di Shakespeare.

La sua ascesa fu talmente vertiginosa che le invidie dei colleghi ne furono la conseguenza. Persino Robert Greene, esponente degli “University Wits”, lo definì “un corvo abbellito dalle nostre piume, che con la sua arte […] ritiene d’essere capace quanto il migliore di tuonare in pentametri giambici”.

In effetti i suoi lavori rappresentano tanta eccellenza da assumere un valore universale anche in età moderna. Si pensi ad esempio che nel 2009 “sogno di una notte di mezza estate” è stato inscenato da un cast robotico e che il linguaggio odierno utilizza circa 1700 termini da lui inventati, come spogliarsi, generoso, corteggiamento ed espressioni utilizzate per la prima volta nelle sue opere, come “con il fiato sospeso” da Il mercante di Venezia e “una conclusione inevitabile” da Otello.

Non a caso nel 1755 il lessicografo Samuel Johnson , nel comporre il “Dictionary of the English Language”, citò Shakespeare più di chiunque altro. Lo stesso accadrà in questi due anni, tra aprile 2014 e aprile 2016, su disposizione dei promotori di eventi che utilizzeranno il suo nome per intitolare le celebrazioni del 450° anniversario della nascita e del 400° della morte (23 aprile 1616).

Per accennarne alcune, in onore di Shakespeare sono in calendario mostre dei suoi lavori, riproduzioni pirotecniche del suo volto, nuove tournée mondiali sulle sue commedie e tragedie, rassegne artistiche e audio-libri sui suoi sonetti, un docu-reality sulla presunta origine siciliana, il sequel Hollywoodiano di “Shakespeare in love”, una nuova canzone di Bruce Springsteen in cui il drammaturgo spiega l’amore ad Einstein, un dibattito su “l’anniversario shakespeariano” come tema per la maturità, il Guinness dei Primati della Compagnia Aerea EasyJet sulla “performance teatrale più ad alta quota del mondo”, proiettando sui voli di linea le opere del bardo.

Si tratta di un uomo conosciuto a ogni latitudine, che nonostante l’identità incerta continua a dominare la scena. Le sue parole sono la sua unica eredità, a dimostrazione di come la vera prova della sua esistenza sia la poesia.

Scritto da Simone Salvetti