Francesco Borromini

L'architetto Francesco Castelli, detto il Borromini (Bissone, Lugano 1599 - Roma 1667), è con Bernini l'altro grande protagonista del barocco romano.

Dal 1621 fu a Roma, dove cominciò a svolgere la sua attività alle dipendenze di Carlo Maderno, lavorando come scalpellino al cupolino di S. Andrea della Valle (1621-23) e alla fabbrica di S. Pietro (1624-30). Collaborò con lo stesso Maderno e G.L. Bernini a Palazzo Barberini, dove realizzò la scala ellittica e interventi nella facciata posteriore. Fu aiuto del Bernini al Baldacchino di S. Pietro. La sua spiccata vocazione per l'architettura si nutrì soprattutto dello studio dell'opera di Michelangelo.

Le prime opere autonome

Dopo la rottura con Bernini (1633), alla prima prova autonoma, il Convento e la Chiesa di S. Carlino, detto anche S. Carlo alle Quattro Fontane (1634), l'arte del Borromini già si presenta compiuta nei suoi caratteri fantasiosi e innovatori. Nel piccolo chiostro e negli edifici del convento e soprattutto nella chiesa (1638-41), il Borromini definì una nuova concezione dello spazio, che sarà il tema dominante di tutta la sua architettura: la rappresentazione in atto dell'equilibrio di forze opposte tra lo spazio esterno che preme e quello interno che si dilata. Nella pianta di S. Carlino, infatti, la figura geometrica dell'ellisse, di ascendenza manierista, viene deformata da continue dilatazioni e contrazioni della superficie muraria, per l'interazione dinamica di spazio interno ed esterno. Dalle meno grandiose dimensioni del complesso di S. Carlino e dei lavori in Palazzo Spada, il Borromini passò a un certo momento allo studio di strutture monumentali: la realizzazione della nuova casa dell'ordine dei Filippini (oratorio e convento presso S. Maria in Vallicella), interamente da lui condotta (1637-49). Nel 1642 iniziarono i lavori di S. Ivo alla Sapienza, la sua opera più audace: all'interno la complessa pianta a stella porta alla massima tensione la ricerca su forme geometriche complesse culminando nelle vele della cupola.

L'apice del successo e la crisi

Con l'avvento di papa Innocenzo X Pamphili (1644) cominciò il periodo più fortunato della carriera del Borromini: restauro della basilica di S. Giovanni in Laterano (1646-50); convento e chiesa di S. Maria dei Sette Dolori (1642); ristrutturazione di Palazzo Falconieri. Ma nonostante il successo, s'insinuò in questo periodo nel Borromini un'intima insoddisfazione che preannunciava l'ultima tormentata fase della sua vita. I contrasti che accompagnarono la costruzione di S. Agnese in Piazza Navona, (1652) ultimo lavoro per Innocenzo X, dal quale l'architetto fu esonerato nel 1657, segnarono l'inizio di una crisi che si aggravò negli anni successivi. Il mancato compimento di molti progetti fu per lui tragico, nonostante la realizzazione del monumentale Palazzo di Propaganda Fide (1647-66), con la piccola cappella dei Re Magi.

Nell'ultimo periodo della sua vita si dedicò al completamento di opere già realizzate (S. Ivo e la basilica S. Giovanni in Laterano) e a lavori di restauro (battistero di S. Giovanni in Laterano, tempietto di S. Giovanni in Oleo), prima di affrontare l'ultima prova: la facciata di S. Carlino (1664), dove la contrapposizione concavo-convesso si scioglie in un'ondulazione ininterrotta, che investe tutta la superficie muraria. Ma l'artista non vide l'opera compiuta: si uccise gettandosi sulla propria spada.

L'eredità della sua concezione spaziale fece scuola ed ebbe importanti sviluppi in Europa centrale (Austria, Germania, Boemia), anche attraverso la rielaborazione che ne diede, alla metà del Seicento, Guarino Guarini , forse l'unico suo vero continuatore, se pure con risultati differenti.