Simone Martini

Nulla si sa della formazione di questo pittore, nato a Siena (ca 1284) e amico di Francesco Petrarca. La sua prima opera nota è l'affresco della Maestà nella Sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico di Siena (1315, ritoccata nel 1321 dallo stesso Martini) che rivela una personalità artistica già matura. Nelle parti superstiti del 1315 la pittura di Simone appare ancora ispirata ai modi di Duccio (di cui fu forse allievo), ma anche rivoluzionaria nel superamento di consuetudini bizantine a favore di una concezione concreta e quasi naturalistica dello spazio, indubbiamente da ricollegarsi alla lezione innovatrice di Giotto. Sotto il baldacchino, che introduce una certa tridimensionalità, le figure, disegnate da una linea morbida e fluida, si dispongono armoniosamente. Analoghi modi si riscontrano negli affreschi della cappella di S. Martino nella chiesa inferiore della basilica di S. Francesco ad Assisi, eseguiti verso il 1317 per alcuni studiosi, dal 1325 al 1330 per altri. L'esempio giottesco si rivela nella plasticità leggermente accentuata delle figure, ampiamente panneggiate (secondo moduli tipici di Giovanni Pisano): gli aristocratici personaggi, collocati in ambienti prospetticamente costruiti, esaltano la magnificenza degli ideali cavallereschi. Quest'ultimo tratto giunge alla sua più alta espressione nella tavola con S. Ludovico da Tolosa incorona il fratello Roberto d'Angiò (1317, Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte): la ricca decorazione e i vivaci colori si stagliano sul fondo d'oro e concorrono a creare una scena in cui il motivo religioso svanisce rispetto all'esaltazione della regalità dei personaggi. Ugualmente ricca di preziosità stilistiche è l'arte di Martini nei dipinti su tavola (polittico per i domenicani di Pisa, 1319, Pisa, Museo; Madonna col Bambino, Siena, Pinacoteca; tavola con Il beato Agostino Novello e quattro suoi miracoli, Siena, S. Agostino). Nel 1328 l'artista eseguì il celebre Guidoriccio da Fogliano, affrescato sulla parete che fronteggia la Maestà, nel Palazzo Pubblico di Siena; la severa e maestosa figura del condottiero e l'aspro e nudo paesaggio sono calati in un'atmosfera di lirica e malinconica contemplazione. Del 1333 è l'Annunciazione (Firenze, Uffizi), in cui prevale il gioco lineare. L'arte di Simone tuttavia non giunge mai a cristallizzarsi in soluzioni puramente grafiche o decorative; al contrario, proprio per l'intensificarsi dell'espressione lineare si arricchisce di densi significati umani. L'espressività si accentua nelle opere del periodo di Avignone, dove Simone Martini si trasferì nel 1339 alla corte papale di Benedetto e dove morì nel 1344. Qui i modi della sua pittura, più naturalistica di quella gotica francese, concorsero con quella alla nascita del gotico internazionale.