Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi

Dlgs 270/1999. Istituto che, per il caso in cui il dissesto di una impresa comporti allarmanti ricadute tanto sul piano economico quanto su quello sociale, mira alla salvaguardia, sussistendo determinati presupposti, del “bene-impresa”, la cui rilevanza si coglie sia sotto il profilo della produzione sia sotto quello occupazionale. Si tratta in particolare di una procedura concorsuale che riguarda la grande impresa commerciale insolvente e che è diretta alla conservazione del patrimonio produttivo, tramite la prosecuzione, la riattivazione ovvero la riconversione dell’attività dell’impresa stessa.
Soggetti. Possono accedere all’amministrazione straordinaria le imprese, anche individuali, soggette alla legge fallimentare e che presentano, congiuntamente, i seguenti requisiti: occupati in misura non inferiore alle duecento unità, e debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio. L’ammissione alla procedura è inoltre subordinata alla condizione che l’impresa dichiarata insolvente presenti concrete prospettive di recupero; tale risultato deve realizzarsi, alternativamente, mediante la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno (programma di cessione dei complessi aziendali), ovvero tramite la ristrutturazione
economica e finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni” (programma di ristrutturazione).
Dichiarazione dello stato di insolvenza. Il procedimento prende avvio con l’accertamento dello stato di insolvenza dell’impresa, che viene dichiarato dal tribunale del luogo ove l’impresa stessa ha la sede principale, su ricorso dell’imprenditore medesimo, di uno o più creditori, del pubblico ministero ovvero d’ufficio. A seguito della proposizione del ricorso, il Tribunale convoca il ricorrente, l’imprenditore ed il Ministro delle attività produttive, che può designare un delegato o inviare parere scritto. Con l’avviso di convocazione, il Ministro viene invitato ad indicare uno o tre commissari giudiziali, da nominarsi qualora venga dichiarato lo stato di insolvenza. Con la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza, il tribunale provvede alla nomina del giudice delegato per la procedura; a quella del o dei commissari giudiziali (conformemente all’indicazione ministeriale ovvero autonomamente in caso di mancata o ritardata indicazione); ad ordinare all’imprenditore il tempestivo deposito delle scritture contabili; ad assegnare ai creditori termine per la presentazione delle domande; a stabilire luogo, giorno ed ora dell’adunanza in cui sarà esaminato lo stato passivo innanzi al giudice delegato; a stabilire infine se la gestione provvisoria dell’impresa debba essere lasciata all’imprenditore insolvente ovvero affidata al commissario giudiziale. Nei termini di legge qualunque interessato può proporre opposizione contro la sentenza davanti al medesimo tribunale che la ha pronunciata. Per quanto concerne gli effetti della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, la legge, tra l’altro, dispone espressamente l’inefficacia rispetto ai creditori dei pagamenti di debiti precedenti alla dichiarazione eseguiti dall’imprenditore successivamente alla dichiarazione stessa nell’eventualità in cui questi non siano stati autorizzati dal giudice delegato.
Procedura. Dichiarato lo stato di insolvenza, il commissario giudiziale deve depositare una relazione concernente le cause che lo hanno determinato ed una valutazione motivata relativa alle sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’ammissione alla procedura. Alla relazione debbono essere allegati lo stato analitico ed una stima delle attività nonché l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei loro crediti e delle eventuali cause di prelazione. A deposito effettuato, il tribunale dichiara con decreto motivato l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria ovvero, se non ne sussistono le condizioni, il fallimento dell’impresa. Contro tali decreti qualunque soggetto interessato può proporre reclamo alla corte d’appello. Nel caso in cui sia stata dichiarata
l’apertura della procedura, il tribunale adotta o conferma i provvedimenti opportuni ai fini della prosecuzione dell’esercizio sotto la gestione del commissario giudiziale, fino alla nomina del commissario straordinario, cui sono affidate la gestione dell’impresa e l’amministrazione dei beni dell’imprenditore insolvente. Il commissario straordinario deve presentare al Ministro un programma di recupero dell’equilibrio economico dell’impresa, da realizzarsi, alternativamente, seguendo la via della cessione dei complessi aziendali ovvero quella della ristrutturazione. Definito il programma la sua esecuzione viene autorizzata con decreto del Ministro, sentito il comitato di sorveglianza; dalla data dell’autorizzazione decorrono i termini di durata del programma.
La cessazione della procedura. La legge prevede diverse ipotesi di cessazione della procedura di amministrazione straordinaria, tra cui quella della conversione della procedura nel fallimento. Nel caso in cui sia stato invece autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, quando alla scadenza del termine (originario o prorogato) tale cessione sia integralmente avvenuta, su richiesta del commissario straordinario ovvero d’ufficio il tribunale dichiara con decreto la cessazione dell’esercizio dell’impresa. Prima della chiusura, il commissario deve predisporre e presentare il bilancio finale della procedura, con il conto della gestione, insieme ad una relazione del comitato di sorveglianza; in mancanza di contestazioni bilancio e conto della gestione si intendono approvati. Dietro richiesta del commissario straordinario o dell’imprenditore dichiarato insolvente, ovvero d’ufficio, il tribunale dichiara, con decreto motivato, la chiusura della procedura.