Piccole e grandi imprese

Una classificazione apparentemente banale ma in realtà di notevole significato e vaste implicazioni (soprattutto per il nostro paese) è quella che segue il criterio dimensionale. Si distinguono, in particolare, da un lato le piccole e medie imprese (PMI), dall'altro le grandi imprese. Le grandi imprese sono di fondamentale importanza, dal punto di vista del sistema economico nel suo insieme, perché è soprattutto la grande impresa a far sentire il suo peso nella competizione internazionale, nel controllo dei mercati internazionali e nella ricerca. Le PMI, dal canto loro, purché tecnologicamente aggiornate sono, proprio per la ridotta dimensione, più flessibili, dinamiche, pronte ad adattarsi all'ambiente economico mutevole. E ovviamente le piccole e medie imprese di oggi possono diventare le grandi imprese di punta del domani. I limiti nelle dimensioni comportano però anche gravi svantaggi, in particolare per quanto riguarda il finanziamento.

Per avere un'idea della distribuzione delle imprese a seconda delle dimensioni, in un'economia industriale avanzata, si consideri che in Italia le imprese con meno di 20 addetti ammontano al 98% del totale e impiegano il 58% degli addetti. Negli Stati Uniti le imprese con meno di 20 addetti sono circa il 90% del totale. Nel settore manifatturiero, in Italia, le imprese di questa classe dimensionale occupano circa il 40% degli addetti, negli Stati Uniti solo l'8%. Questi dati suggeriscono che il settore delle piccole imprese è molto più importante in Italia che negli Stati Uniti.

Le piccole imprese sono spesso a gestione familiare o individuale; le altre piccole imprese e quelle di medie dimensioni sono tipicamente di proprietà di una o poche famiglie; mentre solo per le grandi imprese è possibile una proprietà diffusa tra molte o moltissime famiglie, rappresentata da azioni.