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La legislazione antitrust

È il complesso di norme che l'autorità pubblica pone a tutela della concorrenza come contesto ideale della libertà di iniziativa economica. In generale le norme antitrust, da un lato, vietano gli accordi e le pratiche restrittive della concorrenza, dall'altro, limitano la concentrazione del potere economico, e perseguono gli abusi resi possibili dalla formazione di posizioni di monopolio.

La legislazione antitrust ha avuto negli Stati Uniti le sue prime pionieristiche esperienze con lo Sherman Antitrust Act (1890) che mirava a impedire l'affermarsi di pratiche monopolistiche nel commercio interstatale e a frenare la concentrazione industriale. Negli anni Ottanta del secolo scorso, tuttavia, i criteri restrittivi delle norme statunitensi antitrust sono stati profondamente rivisti e le fusioni tra imprese sono state di fatto legittimate come condizione indispensabile per elevare l'efficienza tecnologica e la competitività internazionale delle grandi imprese.

La tutela della concorrenza nell'Unione europea. Le norme a tutela della concorrenza contenute negli artt. 85-94 del Trattato istitutivo della Comunità Europea mirano essenzialmente a impedire che gli stati membri mettano in atto politiche di sostegno delle imprese nazionali fino ad alterare i meccanismi della concorrenza nell'ambito del mercato comune. Lo sfruttamento abusivo da parte di un'impresa di una posizione dominante su una parte sostanziale del mercato comune è previsto dall'art. 86 del trattato. Successivamente, è stato adottato un regolamento (reg. n. 4064/89) che considera incompatibili con il mercato unico tutte le concentrazioni che creano o rafforzano una posizione dominante “da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso” senza riferimento all'abuso.

Le norme antitrust in Italia. In Italia, la tutela della concorrenza a garanzia dell'iniziativa economica è affidata alla Legge 287/90. Tale legge vieta alle imprese di stipulare accordi che abbiano per oggetto – o per effetto – di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. Tra le pratiche collusive vietate la legge menziona la fissazione diretta o indiretta dei prezzi d'acquisto o di vendita; l'impedimento o la limitazione della produzione, degli sbocchi o degli accessi al mercato, degli investimenti, dello sviluppo tecnico o del progresso tecnologico; la ripartizione tra le imprese dei mercati o delle fonti di approvvigionamento; l'applicazione da parte delle imprese agli altri contraenti di condizioni ingiustificatamente svantaggiose.

È vietato l'abuso di posizione dominante all'interno del mercato nazionale. Sono altresì vietate le operazioni di concentrazione di imprese che comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza con riguardo alle possibilità di scelta dei fornitori e degli utilizzatori, alla posizione sul mercato delle imprese interessate, al loro accesso alle fonti di approvvigionamento o agli sbocchi di mercato, alla situazione competitiva dell'industria nazionale, alle barriere all'entrata sul mercato di imprese concorrenti, nonché dell'andamento della domanda e dell'offerta dei prodotti o servizi in questione.

L'autorità garante della concorrenza e del mercato. L'applicazione della legge antitrust è affidata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. L'Autorità può vietare una concentrazione restrittiva della libertà di concorrenza e infliggere sanzioni alle società che non rispettano il divieto.