Concorrenza monopolistica

Il modello di concorrenza monopolistica si fonda sulla rimozione – rispetto alla concorrenza perfetta – dell'ipotesi di omogeneità del prodotto.

L'elemento monopolistico risiede appunto nella differenziazione del prodotto che attribuisce al venditore un potere di mercato locale. Un dato prodotto è significativamente differenziato – per esempio, tramite la pubblicità – quando l'acquirente non lo considera equivalente a un altro prodotto che pure ne è sostituto (si pensi, per esempio, a diversi tipi di profumo).

L'impresa in concorrenza monopolistica si comporta in maniera analoga all'impresa monopolistica. In particolare, massimizza il profitto espandendo la produzione fino a che RM = CM.

Il potere di mercato locale rende il venditore in grado di modificare la quantità venduta modificando il prezzo e, in questo senso, di alterare l'equilibrio di mercato in proprio favore.

Ma, a differenza del monopolio che è solo sul mercato, quando l'impresa alza eccessivamente il prezzo, corre il rischio che i consumatori si rivolgano a un prodotto simile offerto da un'altra impresa.

L'elemento concorrenziale del modello risiede nel fatto che il potere di mercato percepito dal venditore è solamente locale; il venditore pensa, cioè, che le proprie scelte non abbiano effetti sull'equilibrio complessivo del mercato, cioè sui termini di scambio ai quali sono venduti i beni delle imprese concorrenti.

Differenziazione del prodotto e pubblicità

L'equilibrio di concorrenza monopolistica è tipicamente inefficiente (per esempio, implica un eccesso di differenziazione rispetto all'ottimo sociale): ciò vale del resto in generale per le forme di mercato imperfettamente concorrenziali. A proposito di queste ultime va sottolineato che la concorrenza imperfetta consente sovente alle imprese di competere utilizzando strumenti diversi dal prezzo (per esempio, la pubblicità). In questi casi l'esito di mercato dipende in misura cruciale dall'interazione strategica tra le imprese, vale a dire dalla consapevolezza di ciascuna che la propria possibilità di alterare l'equilibrio di mercato è percepita dai propri concorrenti, che a loro volta ne tengono conto nelle proprie scelte. In questi casi si parla più propriamente di modelli oligopolistici, in contrapposizione ai modelli concorrenziali che escludono la consapevole interazione tra agenti.