Settore pubblico, ineguaglianze, redistribuzione del reddito

L'espressione “distribuzione del reddito” indica la divisione del reddito (o prodotto) fra i componenti di un'economia. Tale divisione può essere considerata da due diverse prospettive: la prima riguarda la distribuzione funzionale del reddito; la seconda, indicata con distribuzione personale (o familiare) del reddito, analizza come il reddito (o prodotto) totale si ripartisca fra gli individui (o famiglie) indipendentemente dalla fonte da cui deriva.

Equità e distribuzione personale del reddito

Le ricerche sulla distribuzione quantitativa del reddito tendono generalmente a dare risposta a interrogativi del tipo: la distribuzione osservata può considerarsi equa? O, più in generale: di due o più distribuzioni osservate, quale è più ineguale? Dire se una data distribuzione è equa, in assoluto, non è facile. Dato un certo numero di individui da considerare uguali sotto ogni punto di vista, si può giudicare perfettamente equa una distribuzione nella quale ogni individuo abbia esattamente lo stesso ammontare di reddito, e assolutamente iniqua un'altra nella quale un solo individuo possieda l'intero ammontare. Al di fuori di questi due casi di ineguaglianza minima e massima, tutte le numerose situazioni distributive intermedie potrebbero essere valutate diversamente da osservatori distinti, secondo la maggiore o minore avversione all'ineguaglianza di ciascuno di essi.

La misurazione della disuguaglianza

Contributi teorici ed empirici hanno mostrato che, se lo scopo è di confrontare il benessere di individui diversi, alcuni “aggiustamenti” sui redditi osservati sono necessari per migliorare la qualità e quindi la valenza delle misurazioni e dei confronti. In primo luogo il reddito andrebbe interpretato nel modo più ampio possibile, tenendo conto anche delle imposte pagate, dei trasferimenti ricevuti, dei guadagni in conto capitale non ancora monetizzati, dei benefici imputabili ai servizi pubblici ecc.

I redditi dovrebbero poi essere aggiustati per tenere conto delle diverse caratteristiche degli individui (composizione e numerosità del nucleo famigliare di appartenenza) e dell'ambiente economico (per esempio il livello dei prezzi). Dal punto di vista teorico, una più corretta misurazione dovrebbe fare riferimento, anziché al reddito annuale, a un concetto di reddito di lungo periodo (reddito permanente).

D'altra parte alcuni autori (per esempio il premio Nobel Amartya Sen) hanno sostenuto che il reddito non è che uno dei mezzi (assieme a ricchezza, opportunità, libertà ecc.) che permette agli individui il soddisfacimento dei fini che essi si prefiggono; né i mezzi sono da soli sufficienti per giudicare la capacità degli individui di promuovere tali fini. Predisposizione individuale alle malattie, handicap fisici, condizioni ambientali, norme e convenzioni sociali sono tutti fattori difficilmente commensurabili che influenzano lo standard di vita di cui gli individui possono godere, a parità di reddito.

La curva di Lorenz

Generalmente lo strumento analitico più usato per questo tipo di indagine è la curva di Lorenz. Questa si ottiene ponendo sull'asse delle ascisse la percentuale della popolazione e sull'asse delle ordinate il reddito, ordinato in senso crescente, della popolazione, espresso sempre in percentuale.

Data una certa quota di popolazione, la curva di Lorenz ci permette di sapere quanta parte del reddito nazionale è attribuita a tale quota. Nel caso di distribuzione del reddito uniforme avremo una curva di Lorenz coincidente con la bisettrice del primo quadrante; di converso maggiore è la distanza della curva dalla bisettrice, maggiore sarà la disuguaglianza. Si noti come la curva di Lorenz sia indipendente dalle grandezze assolute e quindi permetta il confronto fra distribuzione del reddito relative a paesi con un diverso livello del reddito pro-capite. Nella figura abbiamo che il Paese 1 mostra una curva di Lorenz sempre superiore a quella del Paese 2 e quindi possiamo concludere che la distribuzione del reddito nel Paese 1 è più equa che nel Paese 2. In particolare, nel Paese 1 il 25% più povero della popolazione consegue il 10% del reddito totale, mentre nel Paese 2 solo il 5%.

Redistribuzione del reddito

Come abbiamo visto, tra le grandi funzione dello Stato, vi è la redistribuzione del reddito, volta a modificare, attraverso opportune politiche economiche (soprattutto imposte, trasferimenti, agevolazioni fiscali), la ripartizione del reddito personale dei componenti della società. La redistribuzione del reddito si rende necessaria in un sistema di mercato, per motivi di solidarietà, di equità e di sicurezza sociale. I due teoremi fondamentali dell'economia del benessere assicurano che, sotto particolari condizioni, l'esito allocativo di un mercato concorrenziale è efficiente. Ma l'efficienza non implica affatto l'equità: il mercato può essere ingiusto anche quando non fallisce dal punto di vista dell'efficienza allocativa. Di conseguenza, è opportuno vigilare affinché la distribuzione della ricchezza e del reddito all'interno del sistema economico risponda a criteri di equità e di giustizia. Tale esigenza può essere ricondotta a un desiderio di equità nelle opportunità a disposizione di ogni individuo o di minimizzazione delle perdite derivanti da una posizione sociale svantaggiata. L'esigenza di equità va naturalmente contemperata con quella di efficienza: una distribuzione del reddito troppo egalitaria può infatti intaccare gli incentivi individuali a produrre ricchezza, e avere quindi conseguenze negative sul benessere della società nel suo complesso.

Spesa pubblica e redistribuzione del reddito

Se la distribuzione del reddito e della ricchezza determinata dai meccanismi di mercato non è ritenuta socialmente equa; la spesa pubblica può essere utilizzata assieme al prelievo fiscale per ottenere la distribuzione desiderata. La spesa pubblica può essere utilizzata per fornire trasferimenti in denaro che consentano ai cittadini di avere un tenore di vita adeguato o per fornire direttamente alcuni servizi il cui godimento è ritenuto fondamentale per tutta la popolazione (quali quelli sanitari e educativi). Quest'ultima soluzione trova giustificazione nella percezione che, per carenze informative, miopia o difficoltà organizzative, un trasferimento di potere d'acquisto potrebbe essere utilizzato per consumi ritenuti socialmente meno validi. La spesa pubblica determina complessi effetti redistributivi di carattere verticale (fra cittadini di diverse fasce di reddito), orizzontale (fra cittadini di pari reddito e diverse condizioni familiari, di attività economica ecc.), generazionale (fra cittadini di diverse fasce d'età) e territoriale.