La filosofia del diritto

L'ambito della convivenza sociale e politica è caratterizzato anche da un altro importante fenomeno: l'esistenza del diritto, cioè di quell'insieme di regole relative al comportamento intersoggettivo, con lo scopo di rendere possibile la coesistenza degli uomini. La filosofia del diritto indaga proprio questo ambito e nel corso della storia del pensiero occidentale ha manifestato alcune modalità ricorrenti.

1. La ricerca dei principi primi e delle finalità ultime del diritto: a partire dalla filosofia greca, la filosofia del diritto si è originariamente caratterizzata come indagine attorno al fondamento e allo scopo ultimo del diritto, individuati nella giustizia. Questo indirizzo, definito "teoria della giustizia", è impegnato da un lato a individuare l'ideale del diritto (come il diritto dovrebbe essere), dall'altro a valutare la razionalità e la conformità etica del diritto concretamente esistente rispetto all'ideale. Questa impostazione è condivisa da tutte le posizioni giusnaturalistiche, che oltre al diritto positivo (l'insieme delle norme poste dalla volontà umana in un determinato contesto storico-sociale) ammettono l'esistenza di un diritto naturale, cioè un insieme di leggi derivanti dalla stessa natura dell'uomo, valide universalmente, conoscibili con l'aiuto della sola ragione, a cui deve sempre ispirarsi la norma positiva.

2. Lo studio del concreto manifestarsi del diritto: si pone come indagine attorno alla natura del diritto nel suo concreto manifestarsi, alla ricerca di quei tratti distintivi dell'esperienza giuridica che la differenziano e, al tempo stesso, la intersecano con gli altri ambiti dell'esperienza umana (morale, politica, economia ecc.). Questa indagine si è caratterizzata in forme diverse, che si sono definite spesso in polemica con il giusnaturalismo. Una prima forma è lo storicismo giuridico (da G. Vico a F.C. Savigny a G.W.F. Hegel fino all'istituzionalismo novecentesco di T. Veblen, e J.K. Galbraith, che studia il rapporto dialettico tra tecnologia e istituzioni politiche), in cui il diritto è concepito come un prodotto della storia umana (nella quale trova la propria origine e giustificazione) e si esprime nelle istituzioni che lo spirito di ogni popolo crea. Una seconda reazione è costituita dal positivismo giuridico, che delimita rigorosamente l'ambito del diritto alla realtà dei fatti e vuole adottare nella considerazione di questa un metodo esclusivamente "scientifico". Ne deriva, da un lato, una considerazione sociologica del diritto, che analizza le diverse fonti sociali delle norme e la loro efficacia concreta sui comportamenti umani e, dall'altro, il cosiddetto "formalismo giuridico", che considera come proprie del diritto solo le norme "formalmente valide", cioè quelle poste dall'autorità legittima secondo procedure legali, indipentemente dalla loro effettiva osservanza.

3. L'analisi della metodologia giuridica o "del linguaggio giuridico": nata in ambiente anglosassone (Austin, Ross, Hart), si è sviluppata anche in Italia, incontrandosi con filoni del neopositivismo giuridico (Bobbio, Scarpelli). Suo scopo è la chiarificazione del linguaggio e dei metodi utilizzati dalla scienza giuridica al fine di conferire rigore al linguaggio del legislatore e di ordinarlo in un sistema coerente.