L'ermeneutica contemporanea: Gadamer, Ricoeur, Rorty

Richard Rorty

Il filosofo statunitense Richard Rorty (New York 1931) fonda la sua forte reazione contro la filosofia analitica sulla ripresa del pragmatismo e dell'ermeneutica, che hanno in comune la sottolineatura della situazionalità del processo di comprensione e quindi della relatività storico-culturale di ogni concezione della verità. Sia il pragmatismo, sia l'ermeneutica affermano, contro le certezze della metafisica tradizionale, la parzialità del punto di vista umano in rapporto al suo mondo, la limitatezza e la correggibilità di fondo dei suoi strumenti intellettivi. L'oltrepassamento della metafisica, compito consegnato da Heidegger all'ermeneutica, avviene quando la filosofia e la cultura rinunciano al loro compito fondativo e si limitano al dibattito sul senso dell'esperienza, che deve coinvolgere tutti i punti di vista e i metodi di analisi. Pertanto alla filosofia "normale", cioè quella ufficiale e condivisa dagli ambienti accademici e sempre più incapace di affrontare i veri problemi degli uomini, Rorty contrappone una filosofia "rivoluzionaria", che rifugge le pretese fondazionali e sistematiche, e si limita a far riflettere il lettore anziché a convincerlo. Ne deriva una filosofia "postfilosofica", che non ricerca la verità ultima, ma si accontenta di essere conversazione, saggezza pratica, utopia solidaristica. Opere principali: La filosofia e lo specchio della natura (1979); Conseguenze del pragmatismo (1982); La filosofia dopo la filosofia (1989).