Le tre fasi della storia dei Padri della Chiesa

Tradizionalmente la storia dei Padri della Chiesa viene distinta in tre fasi principali: quella dei padri apostolici, quella dei padri apologisti e quella patristica.

1. I padri apostolici (sec. I) sono i primi Padri della Chiesa in rapporto, diretto o indiretto, con alcuni degli apostoli. È il caso di Clemente di Roma, di Ignazio di Antiochia, di Policarpo di Smirne, i cui scritti hanno per oggetto soprattutto tematiche ecclesiali e morali. Affrontano problematiche connesse all'evoluzione del cristianesimo e al controverso distacco della Chiesa dall'originario ambiente giudaico, per aprirsi a una dimensione universale che comprenda il mondo greco-romano.

2. I padri apologisti (sec. II) sono impegnati soprattutto in uno sforzo apologetico, cioè di difesa delle verità fondamentali della fede cristiana dalle critiche dei pagani e del giudaismo, utilizzando anche concetti filosofici. Per esempio, Giustino (sec. II) rinviene una profonda analogia fra le dottrine cristiane dell'esistenza di Dio, della creazione del mondo e dell'immortalità dell'anima e la filosofia platonica. In tutt'altra prospettiva si pone invece Tertulliano (155-200), il più famoso apologista latino: egli sostiene la superiorità della fede rispetto a ogni tipo di prova o argomentazione razionale, che non la possono in alcun modo giustificare, e per definire questa dimensione a-razionale della fede conia l'espressione latina "credo quia absurdum" (credo poiché è assurdo).

3. La patristica (secc. III-VIII) sistema e razionalizza le verità di fede, utilizzando soprattutto l'apparato concettuale del platonismo. Trova il suo primo centro propulsore nella scuola di Alessandria, luogo di incontro di culture differenti, in cui spiccano le personalità di Clemente (secc. II-III) e di Origene (185-253). Clemente sostiene la superiorità della sapienza cristiana rispetto a ogni altra forma di sapienza e considera il cristianesimo come il naturale coronamento e sbocco della filosofia greca. Origene riprende l'interpretazione di tipo allegorico delle Scritture, inaugurata dall'ebreo Filone di Alessandria, e conduce un'esegesi biblica analitica, negando validità al senso puramente letterale. A livello teologico tende a interpretare la Trinità come una gerarchia discendente, di chiara impronta neoplatonica, in cui il Padre è superiore al Figlio e questi allo Spirito Santo. Successivamente, nei secc. IV e V, i Padri della Chiesa e i primi concili ecumenici sono sempre più impegnati nella definizione delle verità di fede ortodosse in riferimento alla diffusione di eresie (cioè concezioni cristiane non conformi) che negano la duplice natura, umana e divina, di Cristo, sostenendo o il prevalere della natura umana sulla divina (arianesimo) o l'assorbimento dell'umana in quella divina (monofisimo) o la divisione completa delle due nature (nestorianesimo). In quest'opera di definizione della fede cristiana si distinguono i padri della Cappadocia, Gregorio di Nissa (335-394) e Gregorio di Nazianzo (330-390). Gregorio di Nissa mutua da Platone le categorie concettuali con cui indagare gli argomenti di fede. Riconosce allo Spirito Santo la natura divina e la stessa sostanza del Padre, da cui procede per la mediazione del Figlio, nel quale sono nettamente distinte la natura umana e quella divina, pur ribadendo pienamente l'unità di persona. Gregorio di Nazianzo, per dimostrare l'unità di sostanza delle tre persone della Trinità, avvia lo studio delle loro relazioni: i termini "Padre" e "Figlio" indicano un rapporto preciso, anche se per l'uomo inconoscibile, tra due ipostasi della stessa sostanza.