Friedrich Wilhelm Joseph Schelling

Friedrich Wilhelm Joseph Schelling (Leonberg 1775 - Bad Ragaz, Svizzera, 1854) diviene a soli 23 anni professore straordinario dell'università di Jena, dove frequenta il circolo romantico e ne costituisce uno dei rappresentanti più illustri. Gli scritti più importanti di questo periodo sono: Idee per una filosofia della natura (1797), Sistema dell'idealismo trascendentale (1800). Successivamente si trasferisce a Monaco. Tutti i suoi ultimi lavori tendono al superamento del razionalismo metafisico individuato nel pensiero di Hegel, e nel 1841 Schelling succede proprio a Hegel all'università di Berlino, ma le sue lezioni vengono progressivamente disertate.

Natura, spirito, arte

Il pensiero di Schelling si caratterizza per lo slancio verso l'unità ultima e indivisa del sapere e dell'essere e si presenta composto di "filosofia dello spirito" e "filosofia della natura". Io, o spirito, e natura sono originariamente complementari e opposti. Insieme rappresentano due strutture coincidenti in un organismo che si autoproduce e si autoorganizza secondo meccanicità e finalità, libero caso e necessità. Nelle Idee per una filosofia della natura Schelling sostiene che la natura è un "organismo senziente", che si autoproduce razionalmente in una sequenza di gradi sempre più complessa, pur in assenza di finalità razionali esplicite. In natura l'uomo è certo una forza tra le forze naturali, ma il suo agire introduce un finalismo nel mondo della necessità e casualità naturali. Le forze di attrazione e repulsione operanti negli enti della natura sono gli stessi principi attivi nell'intuizione dello spirito umano: in natura appaiono dal punto di vista oggettivo dell'"inconscio", nell'intuizione viceversa da quello spirituale-soggettivo della coscienza.

Necessità e casualità della natura si riflettono nella necessità e casualità dell'arte, sicché il linguaggio del mito e della poesia si presenta come il più idoneo a esprimere e pensare la natura stessa. Nel Sistema dell'idealismo trascendentale l'arte, che permette di cogliere l'unione e l'identità originarie del soggettivo e dell'oggettivo, dello "spirituale" e del "naturale", viene intesa come culmine extrafilosofico del sapere e prassi realizzativo-comunicativa della filosofia. L'"intuizione estetica" coglie nell'opera artistica, seppure istantaneamente e imprevedibilmente, il fondamento ontologico in cui lo spirituale e il naturale sono l'Uno-Tutto originario.

Metafisica della "identità assoluta"

La speculazione immediatamente posteriore (Esposizione del mio sistema di filosofia, 1801; Sistema di tutta la filosofia e della filosofia della natura in particolare, 1804) tenta di attribuire permanentemente alla teoria filosofica ciò che prima era stato determinato quale proprio dell'opera artistica: la visione dell'"identità assoluta". Questa identità ultima viene ripensata però come "abisso di quiete e di inattività", come suprema "indifferenza". L'identità del fondamento comune si traduce nell'originario annullamento delle determinazioni polarmente contrapposte (conscio-inconscio, soggettività-oggettività, idealità-realtà, libertà-necessità), prima pensate costitutive della filosofia trascendentale. Questa fase del pensiero di Schelling viene comunemente definita filosofia dell'identità.

Gli esiti mistici

A partire dalle Conferenze di Erlangen del 1820-21 la filosofia di Schelling si afferma definitivamente come rammemorazione di un immemorabile "soggetto assoluto" ­ una "Oltredivinità" che richiama la tradizione mistica neoplatonica ­ e come esercizio razionalmente "estatico". La ragione si arresta stupefatta di fronte al dato puro e semplice del reale, al fatto che questo si presenti a essa, che pure ne può cogliere le articolazioni, in modo inassimilabile, cioè indeducibile a priori.