Il sistema globale

La strutturazione dello spazio globale

Il sistema politico ed economico mondiale così come lo vediamo oggi non è, dunque, un "dato" naturale risultante da un'evoluzione più o meno lineare del mondo nel suo insieme o dall'incontro spontaneo di civiltà, culture, formazioni politiche ed economiche diverse. Il sistema mondiale odierno è invece il prodotto del puro e semplice prevalere su scala planetaria di un unico modello di organizzazione socioeconomica e politica, il "modello europeo", o, in senso lato, "occidentale", che nel corso del suo processo d'affermazione ha destrutturato, assimilato, omogeneizzato e riorganizzato in modo a funzionale a sé ogni altra realtà preesistente o "diversa". Tale processo ha attraversato varie fasi, ciascuna della quali ha lasciato una propria impronta sugli assetti mondiali attuali.

  • Interno-esterno, la divisione internazionale del lavoro

Fino a tutto il XVII secolo lo sviluppo del sistema capitalistico è prevalentemente incentrato sull'Europa. L'organizzazione geografica dei fenomeni economici contempla la bipartizione tra uno spazio interno europeo (colonie americane comprese) e uno spazio esterno extraeuropeo. La polarizzazione dello spazio riguarda essenzialmente il mondo europeo con le sue appendici coloniali di popolamento. Il centro sistema si situa prima in Spagna, poi nell'Europa nordoccidentale, dove si formano gli embrioni dell'economia industriale basata sul lavoro libero (Francia del nord, Inghilterra, Paesi Bassi). La periferia è costituita dall'Europa orientale e dall'America iberica, poi anche da quella anglo-francese, dove prevalgono le attività primarie, agricola ed estrattiva, basate perlopiù sul lavoro coatto e sulla schiavitù. La semiperiferia comprende la Francia meridionale, l'Italia settentrionale, poi anche Svezia, Brandeburgo-Prussia, dove prevalgono la mezzadria e forme intermedie di lavoro.La guerra dei trent'anni, conclusa nel 1648, sancisce, insieme con la nascita del sistema degli Stati, anche l'insorgere del primo conflitto tra potenze centrali per l'egemonia sulla nuova economia-mondo.

  • Colonialismo, dominanza-dipendenza

Tra il XVIII e il XIX secolo il sistema europeo si estende progressivamente sul resto del mondo, incorporando dentro il proprio circuito economico, sia direttamente come colonie di sfruttamento, sia indirettamente come partner commerciali, gli spazi esterni (imperi ottomano, persiano e cinese, subcontinente indiano, Sudest asiatico, Africa subsahariana), e completando il proprio sistema di colonie di popolamento (Australia, Nuova Zelanda).Si proietta così su scala mondiale anche la polarizzazione dello spazio geografico elaboratasi in Europa nei due secoli precedenti e sperimentata nelle colonie e semicolonie d'oltremare dell'area atlantica fin dal '600 mediante il cosiddetto "commercio triangolare" (fig. 1.3.1). Le relazioni tra centro e periferia trasposte fuori d'Europa sono strutturate sul principio di dominanza-dipendenza, con una subordinazione e riconversione sempre più spinte delle strutture socioeconomiche delle periferie extraeuropee secondo le esigenze dei mercati e dei processi produttivi delle metropoli continentali (monocoltura, economia di piantagione, fornitura di manodopera ecc.). A tale meccanismo ferreo non si sottraggono neppure le ex colonie americane, che si agganciano, come gli Stati Uniti, ai processi di trasformazione economica in atto nella madrepatria per convergere verso il centro del sistema mondiale, oppure come l'America Latina, non riescono ad uscire dalla loro subalternità restando confinate in uno spazio marginale.

  • Industrializzazione, migrazione del centro, conflittualità

A partire dalla rivoluzione industriale inglese a cavallo tra '700 e '800, attraverso la rivoluzione francese dell'89, su su fino al '900 inoltrato, l'europeizzazione del mondo si universalizza e in qualche modo si autonomizza. Mentre il sistema di produzione industriale generalizza il lavoro salariato, cancellando o assorbendo ogni residua forma "altra" di organizzazione del lavoro, l'organizzazione politica degli spazi geografici si uniforma al modello di Stati nazione di stampo europeo. Sostanzialmente immutati nel corso del tempo restano i rapporti gerarchici centro-periferia; cambiano invece la dislocazione dei poli economici centrali e le relazioni egemoniche tra gli Stati dominanti.Partiamo dalla migrazione del centro. L'Europa nordatlantica serba il ruolo di cardine dell'economia-mondo fino all'inizio del '900, dapprima sotto il contrastato condominio franco-britannico, poi sotto l'egemonia della Gran Bretagna, epicentro della rivoluzione industriale. Già negli anni '70 dell'800 si affacciano alla ribalta nuovi competitori: la Germania e, per la prima volta un paese extraeuropeo, gli Stati Uniti. La lotta per il predominio comporta, come si sa, due guerre mondiali e si conclude con lo spostamento del centro di gravità del pianeta fuori d'Europa, negli Stati Uniti , appunto. E veniamo alle conflittualità. L'egemonia americana assicura un quarantennio di stabilità in Europa, a prezzo di una conflittualità crescente in periferia col nuovo competitore eurasiatico, l'URSS.Venuta meno questa conflittualità bipolare dopo il 1991, si moltiplicano le conflittualità sia in periferia, sia al centro, in Europa, sia soprattutto tra centro (in Nord) e la periferia (il Sud). Al tempo stesso la crescita del colosso economico, Giappone, e di quello demografico, Cina, preannunciano la dislocazione del centro in una nuova area, quella del Pacifico.