Il romanzo cortese e Chrétien de Troyes

Il ciclo del Graal

Intorno al santo Graal (cioè il calice usato da Gesù nell'ultima cena e che ne avrebbe poi raccolto il sangue) si sviluppò una leggenda medievale che fondeva i motivi del romanzo cortese con l'ispirazione mistico-religiosa. Inserita nel ciclo arturiano, la leggenda trovò la sua prima grande espressione letteraria nel romanzo incompiuto di Chrétien de Troyes Perceval o Il racconto del Graal (dopo il 1181), che fu continuato da altri poeti, tra cui si ricorda in particolare Gerberto di Montreuil (prima metà del secolo XIII). La tematica cortese della ricerca di sé attraverso l'avventura si trasforma qui in percorso spirituale, itinerario iniziatico che conduce l'eroe alla conquista della grazia. Il processo di sublimazione religiosa della tematica cavalleresca e mondana viene approfondito da Robert de Boron nella Estoire du Graal (Storia del Graal, nota anche con il titolo di Joseph d'Arimathie, Giuseppe d'Arimatea, circa 1200) e si definisce nelle successive numerose anonime versioni in prosa della leggenda, tra cui spiccano Lancelot (Lancillotto, 1220-25) e La queste del Saint Graal (La ricerca del santo Graal, circa 1220), nelle quali ormai la ricerca del Graal s'identifica con la ricerca di Dio. Al cavaliere si propone un itinerario di perfezione ascetica ideale ma quasi impraticabile, perché troppo difficile. Forse per questo il ciclo si conclude con La mort le roi Artù (La morte del re Artù), epilogo amaro, ma illuminato dalla luce della redenzione.