La poesia lirica

Rutebeuf

Tra i poeti del Duecento spicca la personalità di Rutebeuf (morto nel 1285 circa), la cui opera riflette in una molteplicità di toni e forme i vari aspetti di un'epoca complessa. Si sa ben poco della sua vita, che si svolse prevalentemente a Parigi, dove conosceva il mondo universitario, immerso nelle dispute teologiche. Dalle opere, scritte tra il 1250 e il 1285, si ricava che visse l'esistenza libera e precaria di giullare, perseguitato dalla miseria, oppresso dai problemi familiari, ma anche partecipe degli avvenimenti del tempo. La sua poesia possiede un'ampia gamma espressiva: la pietà sincera, la satira contro la cupidigia e l'ipocrisia dei monaci, l'appello entusiasta alla crociata, l'indignazione per gli intrighi politici e le ingiustizie sociali, l'amarezza per la propria solitudine e la propria miseria. Rutebeuf raggiunge il vertice della sua arte nella poesia satirica (Neuf joies de Notre-Dame, Nove gioie di Nostra Signora; Les ordres de Paris, Gli ordini di Parigi; Dit des beguines, Detto delle beghine; Dit des mensonges, Detto dei menzogneri; Dit des jacobins, Detto dei giacobini; Dit d'hypocrisie, Detto dell'ipocrisia; État du monde, Stato del mondo) e nei componimenti di ispirazione personale (Mariage Rutebeuf, Il matrimonio di Rutebeuf; Pauvreté Rutebeuf, La povertà di Rutebeuf; Mort Rutebeuf, La morte di Rutebeuf). L'opera drammatica Le miracle de Théophile (Il miracolo di Teofilo) annuncia il genere teatrale dei miracoli; i fabliaux mostrano un realismo narrativo pieno di verve e vigorosa ironia, talora crudo. La poesia di Rutebeuf, espressione personale e originale del problematico destino di un uomo, appare l'esito più alto e suggestivo del Medioevo francese prima di François Villon.