La lirica corale e Pindaro

Bacchilide

Grande esponente della grande lirica corale fu spesso contrapposto a Pindaro. Pacato nei toni e semplice nella lingua, quanto arditamente complesso e impervio era lo stile di Pindaro, Bacchilide volle definirsi l'“usignolo di Ceo”.

La vita

Bacchilide nacque nel 520 a.C. nell'isola di Ceo come Simonide, di cui fu nipote e allievo. Contemporaneo di Pindaro, con cui fu spesso in diretta competizione, si trasferì, seguendo gli incarichi dei committenti pubblici e privati, dall'isola nativa in Tessaglia, in Macedonia, ad Atene e poi a Siracusa, alla corte del potente Gerone. Verso la fine della vita, fu esiliato (ma non se ne conoscono le ragioni) nel Peloponneso. Morì nel 450 a.C. circa.

Uno stile semplice e descrittivo

I filologi alessandrini ordinarono l'opera di Bacchilide in 9 libri (6 di carmi legati al culto degli dei e 3 di carmi profani) andati tutti perduti, ad eccezione di pochi frammenti sparsi. Papiri scoperti alla fine dell'Ottocento hanno restituito 14 epinici e 6 ditirambi. Tra i più notevoli, l'Epinicio III (con la vicenda di Creso), l'Epinicio V (con il mito di Meleagro), entrambi in onore di Gerone. Tra i ditirambi (così detti, anche se privi di ogni elemento dionisiaco), il 17 e il 18 sono ispirati alla saga di Teseo e il 18 è interamente dialogico. Fin dall'antichità, Bacchilide è stato costantemente contrapposto a Pindaro, a cui lo avvicina la comunanza del genere e del repertorio poetico: tuttavia il suo stile, disteso nell'amore della descrizione, è molto distante dall'esasperata densità del linguaggio pindarico, e la sua sensibilità, permeata di pathos e ripiegata sulla precarietà del destino dell'uomo con toni semplici e pacati, è lontanissima dalla folgorante intuizione del divino, tipica di Pindaro.