Iliade, Odissea e il corpus omerico

Temi conduttori e personaggi

Pur caratterizzati ciascuno nella peculiarità delle proprie origini, delle proprie vicende e persino del proprio modo di combattere (Aiace tenace e resistente, Achille travolgente nella sua potenza, ecc.) gli eroi dell'Iliade sono accomunati dalla elementarità delle loro passioni, prima fra tutte il desiderio di gloria. Il codice dell'onore, a cui in nessun caso si può venire meno, è alla base del sentire dell'eroe, ma la nobiltà di rango, oltre che il valore in armi, deve essere riconosciuta, avere un riscontro collettivo. Il tema conduttore dell'Iliade, l'ira di Achille, nasce appunto da un oltraggio subito, da un insulto all'onore. Per il resto, l'eroe accetta con totale adesione il proprio destino che gli ha concesso una luminosa vita di gloria, a prezzo, però, di una morte prematura. Perché l'eroe omerico riconosca il valore della vita (di una vita anche oscura, vissuta a servizio di un padrone modesto) bisogna attendere l'episodio della discesa nel mondo dei morti nell'XI canto dell'Odissea.

A prescindere da questo episodio, l'intera Odissea sembra posteriore all'Iliade. Ne fa fede, oltre all'articolazione più ricca della materia, la più sfaccettata definizione dei personaggi e in primo luogo del protagonista Odisseo, eroe complesso che conosce la pazienza e l'inganno, il gioco lucido dell'intelligenza e la malinconia del ricordo, la curiosità e la stanchezza, la compassione e la ferocia della vendetta. Più ricco anche il ventaglio delle presenze femminili che, alla specularità esemplare delle due figure di Elena (la sposa infedele) e di Andromaca (la fida e pia sposa di Ettore) nell'Iliade, sostituisce la varietà delle figure: la giovinezza acerba e sognatrice di Nausicaa, la seduzione malefica di Circe, il fascino malinconico di Calipso, la fedeltà pensosa e austera di Penelope. Nell'Iliade la figura aristocratica dell'eroe ammette intorno a sé la presenza del popolo solo per confonderlo nella mischia anonima della battaglia o per irriderlo nella dinamica affollata dell'assemblea (come nell'episodio di Tersite). Nell'Odissea c'è spazio per personaggi umili ma tutt'altro che insignificanti, come il porcaro Eumeo, la nutrice Euriclea o i due aedi Femio e Demodoco, che con il loro canto nelle corti dei principi attestano la presenza di un patrimonio di carmi epici già largamente diffusi. Il repertorio mitologico dell'epos, a differenza di quanto avviene nelle altre culture antiche, sia d'Occidente che d'Oriente, è prevalentemente incentrato su gesta di uomini. Gli dei che vi operano sono per lo più assimilati alle dimensioni psicologiche ed etiche degli uomini, di cui del resto assecondano od ostacolano i progetti; solo in alcuni casi sembrano personificazioni di valori astratti (la bellezza in Afrodite; il furore guerresco in Ares) o simboli antropomorfi di forze della natura. Aristocratico e gerarchico, come la società umana sottesa alle vicende dei poemi, il pantheon greco sembra riconoscere a Zeus l'autorità suprema: ma anche Zeus, in alcuni passi, deve sottostare a un'autorità che lo trascende, la Moira o destino.