L'oratoria: Lisia, Isocrate, Demostene

Demostene

È il più grande degli oratori greci e, insieme, uomo politico e figura di importanza fondamentale per il mondo greco. La sua vita e la sua opera si intrecciano strettamente con le vicende politiche di Atene, nel momento della caduta sotto la potenza macedone.

La vita e le opere

Nacque ad Atene nel 384 a.C. da una famiglia agiata ma, rimasto orfano di padre giovanissimo e caduto in balia di tutori disonesti, dovette intentare loro causa per recuperare i suoi beni. Di questo processo restano le tre orazioni Contro Afobo e le due Contro Onetore (363-362), che risentono degli insegnamenti di Iseo, oratore e logografo attivo ad Atene nella prima metà del IV sec. Quale che fosse l'esito della controversia, Demostene dovette comunque intraprendere la carriera di logografo (oratore giudiziario per conto di altri). Negli anni intorno alla metà del secolo, debuttò come oratore politico, con una serie di discorsi concernenti sia provvedimenti amministrativi ed economici, sia problemi propriamente politici (Contro Androzione, 355; Contro Leptine, 355; Contro Timocrate, 353; Sulle simmorie, 354-353; Per i Megalopolitani, 353-352; Per la libertà dei Rodii, 351). Nel 351 (o, secondo alcuni, nel 349) pronunciò la I Filippica, vibrante denuncia della politica del re macedone Filippo II, la cui risoluta determinazione è contrapposta appassionatamente all'inerzia degli ateniesi. Negli anni 349-348 compose le tre Olintiache, per sollecitare un rapido ed efficace intervento a difesa della città di Olinto, nella Calcidica, assediata e successivamente soggiogata da Filippo. Di fronte alla politica aggressiva ed espansionistica del sovrano di Macedonia, Atene decise di trattare la pace; nel 348, Demostene fu inviato presso Filippo con l'oratore Eschine (suo avversario) e l'uomo politico Filocrate: nel 346 la pace, che Demostene presentò come una tregua necessaria, fu conclusa. Ma, due anni dopo, nel 344, l'oratore pronunciò la II Filippica, attaccando di nuovo il re di Macedonia e insieme accusando Eschine di essersi lasciato corrompere da lui. Ne seguì un processo di cui resta la testimonianza delle orazioni dei due contendenti (entrambe intitolate Sulla corrotta ambasceria). Al 341 risalgono la III Filippica (nuova veemente denuncia dell'operato del re) e Sui fatti del Chersonneso (per opporsi al ritiro della flotta ateniese dal Chersonneso). Di poco posteriore è la IV Filippica, di cui si è discussa l'autenticità.

Gli ultimi anni

Sebbene Atene fosse riuscita a coalizzare intorno a sé, in funzione antimacedone, una lega di città, essa fu travolta dalle falangi di Filippo a Cheronea (338). La sconfitta fu avvertita subito come totale e definitiva e Demostene la evocò, in seguito, come evento fatale, voluto dal destino, cui nessuna energia umana avrebbe potuto opporsi. Dopo questa disfatta, la fama di Demostene si oscurò e gli ultimi anni della sua attività furono i più difficili. La sua credibilità venne del tutto offuscata dallo scandalo di Arpalo, il tesoriere di Alessandro (che nel frattempo era salito al trono di Macedonia). Il cospicuo tesoro che il funzionario macedone aveva portato ad Atene era stato manomesso e dell'ammanco era stato accusato Demostene, che fu condannato al pagamento di una forte multa e, non essendo in grado di pagarla, dovette andare in esilio. Dopo la morte di Alessandro (323), fu richiamato ad Atene quando, in una breve quanto vana fiammata di orgoglio, la città si illuse di poter recuperare la libertà. Ma l'insurrezione fu subito domata dal generale macedone Antipatro, reggente della Macedonia, che occupò Atene con le armi e annientò la resistenza antimacedone. Il grande oratore, condannato a morte, fuggì presso il tempio di Poseidone nell'isola di Calauria (nella Grecia meridionale): lì, nel 322 a.C. anticipò la cattura, avvelenandosi.

Il maestro della parola

Il corpus demostenico comprende una sessantina di orazioni (demegorie, orazioni politiche e civili); l'Erotikós, esercitazione retorica sull'amore omosessuale; 6 lettere, di cui è contestata l'autenticità; 56 Proemi, forse preparati per una raccolta dallo stesso autore. Dopo la sua morte, un buon numero di scritti si diffuse tra i letterati ateniesi sotto il suo nome; pertanto le prime raccolte potevano comprendere testi apocrifi. In una produzione così vasta ed eterogenea, tutte le opere di Demostene manifestano comunque la sua abilità e il suo talento. Maestro della parola, egli seppe raggiungere tutti gli effetti desiderati, dalla persuasione all'ironia, dalla commozione al sarcasmo. Predilesse un periodare veloce, vibrante, veemente, pieno di pathos. Alternò alla semplicità l'uso di raffinate metafore, l'accensione delle iperboli, il ritmo incalzante delle interrogazioni.

La fortuna

La valutazione dell'opera politica di Demostene è stata diversa nel tempo: se in passato lo si esaltava come l'ultimo strenuo (anche se sfortunato) difensore dell'autonomia della polis, più recentemente gli è stato imputato un generoso, ma sterile attaccamento a forme storico-politiche ormai superate. L'oratore non avrebbe saputo identificare, nell'affermazione della dinastia macedone, l'affacciarsi delle nuove e più vaste strutture politiche destinate ben presto a prevalere nell'età ellenistica. Ma la sua eccellenza di oratore e la sua grandezza morale è rimasta sempre incontestata: la sua vita e la sua opera influenzarono il mondo latino e Cicerone ne riconobbe il magistero.