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Oralità e scrittura

La comprensione del pensiero di Platone non è facile perché egli non affida alla scrittura i suoi messaggi filosofici nella loro interezza. Platone vive in un momento in cui si sta compiendo una rivoluzione culturale segnata dalla vittoria della scrittura sulla tradizione orale. Socrate aveva affidato esclusivamente alla relazione personale e dialettica il suo messaggio e in lui l'oralità raggiunge i suoi vertici conclusivi. Platone tenta una mediazione tra le due culture: si convince che la scrittura può avere un ruolo di rilievo, ma in ogni caso non decisivo e ultimativo. Il filosofo può mettere molte cose per iscritto, ma non quelle che per lui sono “di maggior valore. Quelle non le scrive sui rotoli di carta ma nelle anime dei discepoli opportunamente scelti. Lo scritto da solo non sa scegliere i suoi interlocutori, non sa difendersi da chi lo attacca e quindi ha sempre bisogno del soccorso del suo autore, che nella dimensione dell'oralità porta quei supporti concettuali che lo scritto da solo non può avere. Nella Lettera VII Platone, inoltre, ribadisce in modo categorico che un suo scritto sui “principi primi e supremi (ossia su ciò che per lui è “di maggior valore”) non c'è e non ci sarà mai.