Le grandi concezioni filosofiche: Platone, Aristotele

Aristotele

Aristotele è il più grande discepolo di Platone, con cui condivide il ruolo di massimo esponente del pensiero filosofico dell'antichità classica; il pensiero aristotelico, infatti, ha influenzato in vario modo la storia della filosofia fino ai nostri giorni.

La vita e l'opera

Nacque a Stagira nel 384 a.C., e dopo aver vissuto la fanciullezza a Pella, dove il padre era medico di corte, rimase per vent'anni nell'Accademia platonica, sino alla morte di Platone. Nel 343 ebbe l'incarico di precettore di Alessandro Magno; tornato ad Atene, fondò una scuola denominata Liceo. Dopo la morte di Alessandro Magno (323) lasciò Atene per mettersi al riparo da una rivolta anti-macedone (la stessa ribellione capeggiata dal patriota Demostene) e raggiunse Calcide, nell'isola di Eubea dove morì nel 322 a.C.

Il corpus aristotelico contava forse mille libri, a testimonianza della grande attività scientifica e educativa di Aristotele. Le sue opere sono state divise tra quelle destinate alla pubblicazione (essoteriche), che sono andate perdute, e i trattati ad uso esclusivo dei suoi scolari (esoterici). A questo gruppo appartengono le opere a noi pervenute dall'edizione di Andronico di Rodi (I sec a.C.), attraverso la tradizione medioevale, e sono: l'Organon, raccolta degli scritti di logica (Categorie, Sull'interpretazione, Analitici Primi, Analitici Secondi, Topici, Elenchi Sofistici); la Fisica e altri trattati di argomento scientifico; la Metafisica; tre scritti di etica (Etica Nicomachea, Etica Eudamea, Grande Etica); la Politica; la Retorica e la Poetica.

La Poetica e la Retorica

Nella storia della letteratura e della critica letteraria rimane fondamentale il contributo dato da Aristotele ai principi dell'estetica espresso nella Poetica. Anche se l'opera è giunta largamente incompleta, appare evidente che in essa Aristotele andò oltre la concezione platonica dell'arte come pura mimési (imitazione della realtà). Intuì che la particolare mimési dell'arte ha una funzione conoscitiva, non perché si proponga di descrivere fatti che si sono veramente svolti (come la storia), né in quanto analizza le strutture universali della realtà (come la filosofia), ma perché esplora il mondo del possibile, secondo il precetto della verosimiglianza. In altri termini, la rappresentazione artistica può non coincidere con la realtà, ma deve avere una sua coerenza interna.

In particolare la tragedia deve essere una mimési di un'azione unica e in sé compiuta: è questa la famosa unità d'azione che divenne in epoca rinascimentale rigida regola, insieme alle unità di luogo e di tempo, ricavate da passi della Poetica in cui Aristotele descrive (e non prescrive) le caratteristiche delle tragedie del suo tempo. Un altro concetto essenziale della Poetica riguarda il motivo per cui, davanti all'opera d'arte (Aristotele in verità parla solo di poesia, o meglio di poesia tragica, ma la generalizzazione non sembra impropria), si prova piacere anche se questa rappresenta fatti tristi o drammatici. Ciò accade, secondo il filosofo, perché si realizza la catarsi (purificazione): mediante la rappresentazione di azioni violente o biasimevoli lo spettatore si libera degli stessi impulsi riprovevoli che riconosce propri del suo animo. Così come opera una sorta di riabilitazione dell'arte, Aristotele recupera anche la retorica. Nell'opera sulla Retorica afferma che il compito della disciplina non è persuadere, ma di riconoscere quali sono i mezzi più efficaci per ottenere la persuasione. La retorica è arte della ragione che non si fa carico della responsabilità morale dei propri esiti, la cui definizione compete invece alla dialettica.