Approfondimenti

Menandro e il teatro latino

Prima che i ritrovamenti papiracei del secolo scorso portassero alla luce il testo originale di alcune commedie menandree, anche se in uno stato il più delle volte frammentario e lacunoso, il teatro di Menandro era conosciuto solo attraverso l'opera di due grandi commediografi latini, Plauto e Terenzio. Come fece tutto il mondo romano, anche questi due autori non si accostarono al modello greco solo per imitarlo ma lo utilizzarono adattandolo alle proprie esigenze e ai gusti del loro pubblico. I due poeti colsero nell'opera di Menandro gli aspetti in sintonia con il loro lavoro e, per l'enorme diversità che separa Plauto da Terenzio, ne diedero un'immagine differente e per certi versi complementare.

Plauto, il meno vicino al modello menandreo, si rifece ad esso soprattutto per quanto riguarda le trame, ricche di colpi di scena: molte delle sue commedie, tra cui Stichus, Bacchides, Cistellaria e forse Aulularia, Pseudolos e Poenulus, già dall'antichità furono a buon diritto definite “motorie” per il ritmo incalzante dell'intreccio e per le buffe situazioni improvvisate e sapientemente dirette dal protagonista indiscusso dei suoi drammi, il servo. Terenzio, che fu definito da Cesare dimidiatus Menander (“un Menandro a metà”), si ispirò a Menandro sia per lo studio dei caratteri e la creazione di personaggi, sia per l'utilizzo di una lingua semplice, lineare e dimessa. L'Andria, l'Heautontimoroùmenos, l'Eunuchus e gli Adelphoe, possono essere ricondotti senza dubbio al modello di Menandro.