Approfondimenti

L'origine della riflessione estetica

La speculazione filosofica parallelamente alle questioni sull'Essere (metafisica), sulla conoscenza (teoria della conoscenza o gnoseologia), sul bene e sul male (etica), rivolge l'attenzione alla problematica estetica interrogandosi sulla bellezza e sull'arte.

Già nelle prime fasi del pensiero antico appaiono distinti due approcci: per il primo, che fa capo alla scuola pitagorica, la bellezza ha natura metafisica e riguarda la struttura ordinata dell'universo; per il secondo, empirico-pragmatico, sostenuto dai sofisti, il bello non è una qualità oggettiva delle cose, ma dipende da un atteggiamento del soggetto ed è dunque una questione di gusto destinata a rimanere non giudicata.

L'opposizione fra queste due concezioni si ripresenta in Platone: la bellezza autentica coincide con l'ordine ideale dell'universo, mentre l'arte non è che un'attività subordinata che imita oggetti naturali, a loro volta imitazioni delle idee eterne e perciò si rivolge alle facoltà inferiori dell'anima umana.

Aristotele, attento a descrivere, ordinare e classificare i fenomeni, dà al problema un'impostazione diversa. Nella Poetica egli colloca l'attività artistica tra quelle conoscitive, distinguendola però sia dalla storia, che osserva e racconta fatti realmente accaduti, sia dalla scienza, che studia l'universale: l'arte è un'attività imitativa che ha per oggetto un universale possibile e verosimile. Aristotele sostiene, inoltre, che la rappresentazione artistica di fatti pietosi o terribili suscita nell'animo umano una catarsi o purificazione, e sottolinea, così, il valore morale dell'emozione estetica.

In età ellenistica, gli stoici assegnano all'arte una funzione pedagogico-educativa, gli epicurei ne hanno invece una concezione edonistica; una conciliazione tra questi due punti di vista (“unire l'utile al dilettevole”) verrà proposta e caldeggiata dal poeta latino Orazio.