I poeti della seconda generazione romantica: Byron, Shelley, Keats

John Keats

John Keats (1795-1821) fra i romantici inglesi è forse il poeta la cui fama è rimasta più viva, soprattutto per la sua singolare e modernissima capacità di raggiungere un distacco assoluto, annullando la propria individualità in immagini che emanano, da sole, una magica e durevole suggestione. Pur nel forte sostrato romantico del suo temperamento, è evidente il suo debito verso Milton e gli elisabettiani, mentre nel suo culto per la bellezza egli appare piuttosto vicino ai classici greci, e questo rappresenta in parte la sostanziale difformità della sua esperienza da quella dei suoi contemporanei.

La vita

Keats nacque a Londra da una famiglia di umili condizioni (il padre era stalliere) e rimase presto orfano dei genitori. Approfondì gli studi letterari verso i 15-16 anni e studiò medicina e farmacia prima di dedicarsi alla poesia, verso la quale fu incoraggiato dal poeta e pubblicista Leigh Hunt, che gli fece conoscere Shelley e lo aiutò a pubblicare la prima raccolta, Poems, by John Keats (Poesie, di John Keats, 1817). Dopo la morte del fratello si trasferì a Hampstead, dove, nel 1818-19, produsse in rapida successione gran parte dei suoi componimenti più significativi. Si legò d'amore appassionato e tormentato per Fanny Brawne. Nel 1820 si manifestarono i primi sintomi della tubercolosi (malattia di cui erano morti anche la madre e il fratello). Sperando di arrestare il progredire del male, insieme all'amico pittore J. Severn partì lo stesso anno per l'Italia. Ma neppure il clima di Roma e di Napoli riuscì ad arrestare la malattia ed egli morì, a soli ventisei anni, l'anno seguente a Roma, dove fu seppellito nel cimitero protestante. Sulla sua tomba venne inciso l'epitaffio, da lui stesso voluto, "Qui giace un uomo il cui nome fu scritto sull'acqua".

Le opere

Il suo primo volume di versi, Poesie, di John Keats (1817), comprende il famoso sonetto On first looking into Chapman's Homer (Guardando per la prima volta l'Omero di Chapman) e Sleep and poetry (Sonno e poesia), in cui il poeta sosteneva la scuola di poesia "naturale" di Wordsworth, alla quale sentiva di appartenere. Il libro non ebbe successo e fu ben accolto solo da pochi amici. Nel 1817 Keats iniziò a comporre il suo primo poema, Endymion (Endimione), pubblicato nel 1818 in quattro libri, caratterizzato dall'esuberanza delle immagini, dalla rappresentazione fine a se stessa delle sensazioni, dalle descrizioni delle scene, in cui la mitica vicenda ellenica di Endimione, pastore del monte Latmos amato dalla Luna, si perde. Keats mostra tutto il proprio talento pittorico, ma non fu soddisfatto dell'opera e la considerò un componimento scritto in un periodo di sentimentalismo adolescente, durante una pericolosa fase di transizione tra fanciullezza e piena virilità (fase che tuttavia fu fondamentale per la sua maturazione). In effetti, pur contenendo bellissimi brani di poesia, il poema non ha unità compositiva, ma presenta piuttosto una serie di quadri separati. Anche quest'opera venne attaccata dalla critica e dalla "Quarterly Review", una delle riviste letterarie più autorevoli.

Nei pochissimi anni seguenti Keats fu capace di uno sviluppo morale, intellettuale e artistico davvero sorprendente in un così limitato spazio temporale: la morte del fratello Tom e le conoscenze di medicina dovettero fargli intuire la gravità delle proprie condizioni, per cui è chiaro il senso di urgenza che si coglie nelle sue lettere.

Il terzo e ultimo volume di versi Lamia, Isabella, The eve of St. Agnes, and other poems (Lamia, Isabella, La vigilia di S. Agnese e altre poesie, 1820) contiene componimenti tra i migliori e i più celebri scritti in lingua inglese nell'Ottocento: oltre ai poemetti presenti nel titolo, il volume comprende il poema incompleto Hyperion (Iperione) e tutte le grandi odi: To a nightingale (A un usignolo), On a Grecian urn (Su un'urna greca), To autumn (All'autunno), On melancholy (Sulla melanconia), To Apollo (Ad Apollo), To Psyche (A Psiche), On indolence (Sull'indolenza). Proprio nelle odi, là dove la perfezione della forma si unisce a un sentimento dell'esperienza umana più profondo e tragico, Keats espresse al meglio il suo genio poetico. Tema centrale delle odi è quello, tipicamente romantico, del conflitto tra reale e ideale, tra l'aspirazione a una vita di bellezza e felicità e la tragica consapevolezza del dolore e della morte come realtà ultima dell'esistenza. L'unica certezza lasciata all'uomo in questo mondo è la contemplazione della bellezza, una bellezza che è anche verità, come scrive Keats negli ultimi due versi dell'ode Su un'urna greca. È, questo della coincidenza di bellezza e verità, uno dei due temi fondamentali di tutta la poesia di Keats, accanto a quello della fugacità della vita: la bellezza ha la funzione di rivelare la verità più intima della realtà e della vita e la verità possiede la qualità inseparabile della bellezza.

Il poema Hyperion (Iperione), scritto in un blank verse di derivazione miltoniana, tratta ancora il tema della mitologia greca cercando di inserire nella narrazione profonde valenze simboliche. Keats lo lasciò incompiuto e ne fece una seconda edizione riveduta, The fall of Hyperion (La caduta di Iperione), in cui lo stile è meno miltoniano (Keats afferma che lo stile latinizzante di Milton non è adatto a lui), ma lasciò anch'essa incompiuta. Ambedue le versioni costituiscono comunque un'opera poetica notevole, un bellissimo frammento epico in cui Keats narra la storia della sconfitta dei titani a opera di un nuovo ordine di dei.

Un altro componimento da ricordare, scritto nel 1819 ma non incluso nel volume del 1820, è la delicata ballata La belle dame sans merci (La bella dama senza pietà), dove Keats riprendeva il tema popolare della donna fatale, bella e perversa.

Le lettere e la poetica

Fondamentale testimonianza dell'attività letteraria di Keats è il suo epistolario, che contiene non solo alcune delle più belle lettere personali mai pubblicate in lingua inglese, ma anche alcuni principi essenziali della sua poetica. Keats, infatti, non volle mai scrivere sulla poesia in modo sistematico, ma tutti gli elementi della sua poetica sono sparsi in dozzine di lettere. Come gli altri romantici, Keats rifiuta la ragione come fonte di verità a vantaggio dell'immaginazione. L'immaginazione per lui è sostanzialmente senza morale, provando lo stesso piacere nel concepire il bene e il male: "Ciò che sconvolge il filosofo virtuoso delizia il Poeta camaleonte". Il poeta non ha identità, non ha un io, è "la più impoetica di tutte le creature": è passivo, "continuamente intento a riempire qualche altro corpo". La qualità somma per l'uomo di lettere è la Capacità Negativa, cioè la capacità di "essere nell'incertezza, nel mistero, nel dubbio senza l'impazienza di correre dietro ai fatti e alla ragione" (qualità che Shakespeare possedeva più di ogni altro). Keats anticipava qui un pensiero fondamentale della poesia moderna, formulato con chiarezza da T.S. Eliot nel Novecento.

Lo stile

Keats mostrò una notevole varietà di stili, che testimoniano la sua formazione di autodidatta e le influenze: dall'amico Leigh Hunt a Spenser, Shakespeare e Milton. Nelle odi il poeta raggiunse i risultati migliori, portando a piena maturazione i tratti già apparsi nelle altre opere: il ricorso a immagini concrete e un attento uso dei suoni. Dal momento che per lui la conoscenza della realtà inizia dalle percezioni sensoriali, le immagini dei suoi componimenti mostrano un'attenta osservazione delle caratteristiche fisiche degli oggetti e una partecipazione alla loro vita intima. Molti suoi versi pertanto rendono l'immagine non solo così come appare agli occhi ma anche al tatto, rivelando un'attenzione alla dimensione spaziale degli oggetti. Assai frequentemente, inoltre, le immagini nascono da uno scambio di impressioni sensoriali, vista-olfatto, tatto-vista-olfatto, ottenendo l'effetto di un'unica percezione di un oggetto attraverso l'insieme delle sue varie qualità.

La musicalità dei suoi versi è ottenuta con un'accurata scelta dei suoni, soprattutto le assonanze e i suoni vocalici: le vocali, secondo Keats, dovrebbero essere usate come le note in musica, separando quelle aperte da quelle chiuse.