Thomas Hardy e il romanzo tardo vittoriano

Thomas Hardy

Thomas Hardy (1840-1928) nacque a Upper Blockhampton, vicino a Dorchester, da una famiglia di piccoli proprietari terrieri; frequentò le scuole locali fino a quindici anni e, vivendo in campagna, si appassionò agli aspetti più semplici della natura e al folclore contadino. Dopo studi di architettura, dal 1856 al 1861 lavorò presso un architetto di Dorchester. Trasferitosi a Londra per continuare la professione, ben presto si volse alla letteratura. Iniziò scrivendo poesie, che non riuscì a far pubblicare; si dedicò allora alla prosa e per circa venticinque anni scrisse solo romanzi e racconti, guadagnandosi la fama di uno dei maggiori romanzieri del tempo. Morì a Max Gate, presso Dorchester.

L'opera narrativa e poetica

La carriera letteraria di Hardy si è svolta in due periodi: il primo, dal 1870 al 1895, dedicato alla narrativa; il secondo, dal 1896 fino alla morte, alla poesia. Furono tuttavia i romanzi a renderlo celebre; quasi tutti ambientati nel Wessex (l'antico nome che Hardy usò per indicare le contee a sudovest dell'Inghilterra e soprattutto il Dorset) e quasi tutte storie d'amore con una varietà di stati d'animo, sicuramente hanno come nota più caratteristica il tragico. I suoi romanzi e racconti migliori (Far from the madding crowd, Via dalla pazza folla, 1874; The return of the native, Ritorno al paese, 1878; The mayor of Casterbridge, Il sindaco di Casterbridge, 1886; The woodlanders, I boscaioli, 1887; Wessex tales, I racconti del Wessex; Tess of the D'Urbervilles, Tess dei D'Urbervilles, 1891 e Jude the obscure, Giuda l'oscuro, 1896) narrano di esseri umani portati alla rovina da forze che essi non sono in grado di controllare né di capire. Hardy elabora un determinismo nelle vicende umane che lascia ben poco spazio alla volontà e alla responsabilità individuale. Tale concezione fatalista suscita nell'animo dell'autore un sentimento di fratellanza con tutte le creature che aspirano alla cultura, all'emancipazione e soprattutto all'amore: per loro la vita è ancora più amara, perché il fallimento è sofferto con una sensibilità più intensa (più felici sono le persone rozze e primitive). Hardy descrisse la natura con freschezza, sensibilità, precisione di tratto e di colore e, soprattutto, con animo romantico e nostalgico, facendola partecipe dei drammi dei personaggi che la abitano, come se anch'essa riflettesse il sentimento di una tragedia universale. La sua narrativa segnò un significativo distacco dalle convenzioni del periodo vittoriano: la visione ottimistica lasciò il posto a una visione fatalistica sempre più oppressiva. Così che spesso le sue opere suscitarono, per il loro cupo pessimismo, reazioni ostili nel pubblico e negli editori.

Forte e intensa anche la sua opera poetica. Lontano dal linguaggio immaginoso e sensuoso di Keats, Tennyson e Rossetti e più vicino ai moduli espressivi di Browning e Meredith, nelle raccolte Wessew poems (Poesie del Wessex, 1898), Time laughingstocks (Gli zimbelli del tempo, 1909), Satires of circumstance (Satire di circostanza, 1914) egli esplorò le più diverse forme di poesia, dalla ballata all'epigramma al monologo drammatico. Predilesse una lingua aspra, ricca di parole arcaiche, dialettali o tecniche, che esercitò notevole influenza sulla poesia inglese del XX secolo.