La poesia

La poesia di Pound, Eliot e William Carlos Williams continuò a esercitare una grande influenza sui poeti che li seguirono; tuttavia, questi finirono poi per rovesciarne le premesse: i poeti "postmoderni" hanno abbandonato, infatti, la teoria di Eliot dell'impersonalità a favore di un tipo di poesia che parlasse del poeta, senza occultarne la fragilità, assai spesso psichica, anzi assumendola come argomento poetico.

Voce di una minoranza etnica fu quella del poeta caraibico di lingua inglese Derek Walcott (1930), che ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura nel 1992: la sua poesia combina efficacemente i temi della poesia europea (in particolare la poesia politica di W.H. Auden) con le immagini della sua terra d'origine (The gulf, Il golfo, 1969; Another life, Un'altra vita, 1973; The fortunate traveller, Il viaggiatore fortunato, 1982; Omeros, 1989).

La "confessional poetry"

Con questa definizione si intende la poesia che, a partire dagli anni Cinquanta, cominciò a cercare un coinvolgimento più diretto rispetto all'oggettivismo e ai rigori formali dei poeti precedenti: questi poeti iniziarono a coinvolgersi personalmente, a fare una "rivelazione di sé", a mostrare i propri stati emotivi e psicologici. Molto spesso prevalse la riflessione, ispirata dal secondo conflitto mondiale, sulla condizione umana sconvolta e degradata.

Randall Jarrell (1914-1965), nato a Nashville, Tennessee, oltre che poeta capace di identificazione con la gente comune (Losses, Perdite, 1948; The lost world, Il mondo perduto, 1965), fu anche il critico per eccellenza della propria generazione (Poetry and the age, La poesia di un'epoca, 1953). Karl Shapiro (1913), di Baltimora, visse in prima persona, come Jarrell, l'esperienza della guerra e a questa sono ispirate alcune sue raccolte poetiche: The place of love (Il posto dell'amore, 1943), V-Letter (Lettera dal fronte, 1944), che gli valse il premio Pulitzer, le poesie in prosa The burgeois poet (Il poeta borghese, 1964).

Robert Lowell (1917-1977), di Boston, obiettore di coscienza, pacifista e antirazzista, è considerato uno dei maggiori poeti americani del secondo dopoguerra. Esordì con una raccolta di poesie sul tema dell'America nata dal sangue degli indiani e dei quaccheri (Land of unlikeness, Terra della diseguaglianza, 1944), poi confluita in Lord Weary's castle (Il castello di lord Weary, 1946), con cui vinse il premio Pulitzer. Si coglie nella sua opera la ricerca tormentata di un Dio presente e sfuggente e un senso angoscioso di nuove apocalissi incombenti (il poeta era stato profondamente colpito dalla guerra e dall'orrore delle persecuzioni) che sottendeva la quotidianità. Dopo qualche anno di silenzio (dovuto a crisi, fallimenti matrimoniali e ricoveri in ospedali psichiatrici), Lowell si ripresentò con una poesia caratterizzata da un linguaggio più colloquiale e intimo: Life studies (Studi dal vero, 1959), Notebook 1967-68 (Taccuino 1967-68); del 1973 sono For Lizzie and Harriet (Per Lizzie e Harriet) e History (Storia) e del 1977 The dolphin (Il delfino) e Day by day (Giorno per giorno).

Elizabeth Bishop (1911-1979), di Worchester, Massachusetts, raggiunse un posto di rilievo nella poesia nordamericana per l'efficacia e la nitidezza della lingua: sua tematica principale fu il displacement, ovvero l'estraniamento come condizione esistenziale (North and South, Nord e Sud, 1946; Poems, Poesie, 1955).

John Berryman (1914-1972), originario dell'Oklahoma, si distinse nel secondo dopoguerra per opere caratterizzate da una complessa ricerca di linguaggio, che presentavano la drammatica dicotomia fra un passato più "organico" e la frammentazione del presente: Berryman's sonnets (I sonetti di Berryman, 1967 ma scritti già negli anni Quaranta), il poemetto Homage to Mrs. Bradstreet (Omaggio alla signora Bradstreet, 1956), 77 dream songs (77 canzoni di sogno, 1964).

Sylvia Plath (1932-1963), allieva di R. Lowell a Boston, visse come un "tradimento" la morte prematura del padre. In Inghilterra, dove studiò a Cambridge, conobbe e sposò il poeta Ted Hughes. Poco dopo la separazione dal marito si suicidò. Considerata una delle voci più interessanti della poesia americana, nelle sue opere ha riversato drammaticamente una problematica identità femminile: The colossus (Il colosso, 1960), Ariel (1966 postumo), Crossing the water (Attraversando l'acqua, 1971 postumo), Winter trees (Alberi d'inverno, 1972 postumo).

Anne Sexton (1928-1975), di Newton, Massachusetts, iniziò a scrivere dopo un esaurimento nervoso e fu autrice di una poesia caratterizzata da un'intensa voce personale, vicina alla lezione di Sylvia Plath. La poesia fu per lei una forma di terapia che la salvò per quindici anni prima del suicidio. Tra le sue opere, nelle quali seppe rielaborare, in versi suggestivi e calibrati, le più sconvolgenti esperienze interiori, si ricordano: To bedlam and part way back (Al manicomio e parziale ritorno, 1960), Live or die (Vivi o muori, 1966), The book of folly (Il libro della follia, 1972).

Gli oggettivisti

L'atto di nascita di questo gruppo di poeti fu il numero "oggettivista" della rivista "Poetry", del febbraio 1931; loro intenzione era quella di evitare simboli e arcaismi, di proporre una lingua colloquiale e l'oggettività nei confronti della materia poetica.

Louis Zukofsky (1904-1982), di New York, pubblicò numerose raccolte contrassegnate da grande precisione formale e linguistica e da una visione essenzialmente positiva dell'uomo contemporaneo (55 poems, 1941; Anew, Di nuovo, 1946; All the collected short poems, 1965-67).

"Black Mountain poets"

Questo gruppo di poeti si oppose al formalismo, alla poesia accademica e alla teoria dell'impersonalità, proponendo una poesia radicata nell'esperienza americana e che riflettesse i ritmi della lingua parlata. Il gruppo nacque nell'ambiente universitario del Black Mountain College, fondato ad Asherville, North Carolina, nel 1933 e divenuto una comunità intellettuale estremamente creativa e formativa soprattutto quando vi insegnò Charles Olson (1910-1970). Egli formulò la teoria che la forma altro non era che "un'estensione del contenuto" e il verso era collegato a una dinamica "unità di respiro" e non a una struttura prosodica preimposta. La poesia era infatti, secondo lui, "costrutto d'energia" che incessantemente vivifica il rapporto significato-significante. Le sue opere principali furono le liriche The distances (Le lontananze, 1960) e il poema epico The maximus: poems (1953-75). Le sue idee influenzarono i poeti della generazione beat e altri autori che utilizzavano il verso libero.

I poeti che collaborarono con lui, Robert Duncan (1919-1988), Denise Levertov (1923-1997), Robert Creeley (1926-2005), si dichiaravano tutti contrari al verso metrico della tradizione e favorevoli al projective verse (verso proiettivo).

La poesia soggettivista

Tra la fine anni Sessanta e inizio Ottanta si affermò un movimento poetico che rifiutava l'immagine oggettiva proposta dell'avanguardia, preferendole un'immagine più "profonda" e legata al subconscio. Furono presi a modello Federico Garcia Lorca, Pablo Neruda, il surrealismo e il poeta francese René Char. Del gruppo fecero parte i poeti Robert Bly (1926) e James Wright (1927-1980), che vinse un premio Pulitzer per i suoi Collected poems (1972).