La letteratura del periodo rivoluzionario

La prosa del periodo non era propriamente "letteraria", ma prevalevano opere, libelli, articoli che avevano come interesse primario la discussione sulla stabilità politico-economica. Fu Thomas Paine (1737-1809) a scrivere il testo considerato decisivo nel dare la spinta alla rivoluzione, il libello ferocemente antibritannico Common sense (Senso comune, 1776). Nell'opera, che ebbe un'enorme diffusione e vendette in pochi mesi circa centoventimila copie (su un milione e mezzo di abitanti), Paine, quacchero, si appellava ai principi basilari dell'illuminismo sostenendo che la separazione dall'Inghilterra era l'unica via ragionevole e chiedeva quindi all'Inghilterra il riconoscimento dell'indipendenza delle colonie, ormai in guerra, e agli americani di assumersi tutte le responsabilità derivanti da tale riconoscimento e dall'adesione a un'identità nazionale. Nelle successive The rights of man (I diritti dell'uomo, 1791-92) e The age of reason (L'età della ragione, 1794-96), scritte a Parigi, egli si schierava a sostegno della sacralità dei diritti umani e del deismo in campo religioso.

Il frutto più significativo del periodo d'impegno politico-civile successivo alla guerra d'indipendenza fu la raccolta di saggi e articoli di "The Federalist", apparsi in volume negli anni 1787-88, curata da Alexander Hamilton (1757-1804), James Madison (1751-1836), futuro presidente degli Stati Uniti, e John Jay (1745-1829), che analizzavano approfonditamente, in un linguaggio lucido e stringato, i principi costituzionali.