Correnti e movimenti letterari del Trecento italiano

Le correnti e movimenti letterari del Trecento che hanno caratterizzato la letteratura italiana: la fiorente tradizione novellistica, la letteratura didattico-allegorica e i cronachisti.

Letteratura didattico-scientifica

L'eredità didattica proveniente dalla cultura predicatoria e dalla filosofia scolastica è all'origine di un'ampia letteratura didattico-allegorica, che, pur senza rivelare particolari capolavori, risulta molto importante anche per comprendere la prospettiva di un'opera eccezionale come la Commedia dantesca. Il lavoro dei cronachisti consente di riconoscere quella ricerca di concretezza, di gusto municipale e popolare, che sempre ritroveremo anche nella prosa migliore del Trecento. I romanzi Reali di Francia e il Guerrin Meschino di Andrea da Barberino saranno destinati a un'eccezionale diffusione popolare fino all'Ottocento. In questo quadro spicca il grande capolavoro di Marco Polo: il Milione è una delle vette della letteratura medievale, e uno dei più straordinari resoconti di viaggio di tutti i tempi.

I poemi allegorici

Frutto dell'imitazione della Divina commedia e dell'aspirazione della filosofia scolastica a un sapere onnicomprensivo sono i numerosi poemi che nel Trecento forniscono sotto chiave allegorica ampie visioni del mondo. Fra i testi più antichi troviamo l'Intelligenza, poemetto allegorico-didattico ritrovato nel 1846. Opera di un anonimo fiorentino, fu scritto fra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento ed è costituito da 309 stanze in nona rima, sull'esempio di modelli provenzali e stilnovistici. Narra l'incontro allegorico del poeta con una donna bellissima (l'Intelligenza), che abita un favoloso palazzo (il corpo umano).

Del toscano Francesco da Barberino (1264-1348) restano due opere didascaliche, pubblicate attorno al 1314: i Documenti d'Amore, versi in volgare con commento in latino, e Reggimento e costumi di donna, in versi e prosa.

Cecco d'Ascoli (si chiamava in realtà Francesco Stabili) nacque nei pressi di Ascoli Piceno intorno al 1269, fu astrologo presso l'università di Bologna, fu condannato per eresia e arso sul rogo a Firenze nel 1327. Fra i suoi testi (commenti, lezioni e poesie) è rimasto celebre il poema in sesta rima incompiuto intitolato Acerba. Con gusto enciclopedico e didattico, vi si raccolgono nozioni astronomiche, astrologiche, alchimistiche e naturalistiche di origine araba, in polemica sia con la Divina commedia di Dante sia con il pensiero ufficiale aristotelico-tomista della Scolastica.

Il fiorentino Fazio degli Uberti (circa 1350-1367) è noto per un poema allegorico-didattico in sei canti di terzine, il Dittamondo (Dicta mundi), composto tra il 1346 e il 1367 e lasciato incompiuto. Sul modello della Commedia dantesca, Fazio immagina che la Virtù, apparsagli in sogno, gli indichi il cammino della salvezza: un viaggio per l'Europa, l'Africa e l'Asia con la guida del geografo Solino. L'opera, di carattere enciclopedico, è pregevole per la freschezza e l'entusiasmo delle descrizioni, soprattutto di quelle naturalistiche.

L'umbro Federico Frezzi (circa 1346-1416) fu nominato vescovo di Foligno nel 1404. Scrisse un lungo e macchinoso poema allegorico in terzine, il Quadriregno (1394-1403), nei cui 74 canti si tratta di un viaggio dell'uomo dalle passioni alla verità attraverso i regni dell'Amore, di Satana, del Vizio e della Virtù. L'imitazione della Commedia è evidente, ma vi è anche qualche spunto preumanistico.

I cronachisti

La Vita di Cola è un'opera anonima in romanesco (parte di una cronaca trecentesca giunta mutila e pubblicata da L.A. Muratori nel 1740): composta intorno al 1357-58, narra le vicende di Roma e del tentativo di riforma politica di Cola di Rienzo tra il 1325 e il 1357. È un testo di grande importanza storico-linguistica.

Il fiorentino Dino Compagni (circa 1255-1324) è noto soprattutto per la Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi (1310-12), una storia delle lotte che dilaniarono Firenze tra il 1280 e il 1312. L'opera, giustamente celebre come fonte storica, si distacca dal modello storiografico oggettivo-erudito della cronaca medievale e rievoca gli avvenimenti in modo appassionato e personale, secondo la sua ottica di protagonista della vita politica fiorentina schierato dalla parte popolare e dei Bianchi, come Dante.

Giovanni Villani (1280-1348) scrisse una Cronica (edita solo nel 1537) dalla Torre di Babele alla discesa in Italia del francese Carlo d'Angiò (1266). Lo stile è piuttosto scarno e distaccato. Resta comunque un testo importantissimo del nostro Trecento. Suo fratello Matteo Villani (1280/90-1363) continuò la Cronica fino al 1363, con intenti più moralistici che documentari.

Marco Polo

Il mercante veneziano Marco Polo (1254-1324) si recò nel 1271 con il padre e lo zio in Cina e divenne uomo di fiducia del Gran Khan Qubilai. Rientrato a Venezia nel 1292, fu fatto prigioniero dai genovesi dopo la battaglia della Curzola (1298). La sua fama è legata all'opera Divisament dou monde (anche Livres des Merveilles du monde), meglio nota come Milione, dal soprannome veneziano di Marco Polo, che la dettò a Rustichello da Pisa, suo compagno di prigionia. L'opera, che narra le esperienze compiute durante il viaggio in Oriente, è scritta in "volgare gallico", cioè in francese, secondo la moda del tempo.

Il Milione è ricco sia di informazioni sull'organizzazione amministrativa della Cina, sia di stupefatte rievocazioni delle meraviglie d'Oriente. All'esattezza della narrazione, riflesso dello spirito pragmatico e razionale della Venezia mercantile di fine Duecento, si sposa il fascino poetico delle descrizioni, a testimoniare l'inesauribile curiosità del mondo medievale verso l'esotico e il favoloso. La struttura narrativa è salda; lo stile è spoglio di suggestioni letterarie, ma vibrante di contenuto entusiasmo. Per queste ragioni il critico L. Foscolo Benedetto ha potuto definire l'opera "una delle sintesi più potenti che ci abbia lasciato il Medioevo, laica e terrena, da porsi accanto alle due celebri sintesi in cui si è riassunto il Medioevo teologico e filosofico, la Summa di san Tommaso d'Aquino e la Divina commedia".

I romanzi

Generalmente la materia è attinta ai cicli classici (Tebe, Troia, Roma, Cesare ecc.), o a quelli carolingio e bretone; la scelta metrica può essere sia in prosa sia in rima. Il Fiore d'Italia di Guido da Pisa è un'opera di divulgazione: il racconto è quasi ingenuo, ma anche limpido e sincero. L'anonimo Avventuroso Ciciliano narra il viaggio di cinque baroni siciliani fuggiti dopo il Vespro. Pieno di digressioni, sembra privo di originalità. L'anonimo Tavola Ritonda (rifacimento del Meliadus e del Roman de Tristan) è il miglior volgarizzamento d'argomento bretone.

Andrea da Barberino (circa 1370 - circa 1431) fu un autore fecondo di romanzi e adattò ai propri gusti borghesi le severe storie del mondo carolingio come le smaglianti avventure del mondo bretone. I suoi capolavori sono i Reali di Francia e il Guerrin Meschino, che godettero di un'eccezionale diffusione fino a tutto l'Ottocento, tanto da diventare una componente dell'immaginario popolare.

La letteratura didattico scientifica in sintesi

Letteratura didattico-allegorica Fra i testi più antichi troviamo l'Intelligenza. Di Francesco da Barberino restano i Documenti d'Amore e Reggimento e costumi di donna, pubblicati attorno al 1314. Cecco d'Ascoli è autore dell'Acerba; Fazio degli Uberti è noto per il Dittamondo.
Cronachisti Dino Compagni scrive un'appassionata Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi (1310-12) sulla lotta di fazione a Firenze ai tempi di Dante. Giovanni Villani (1280-1348) scrisse una Cronica dalla Torre di Babele alla discesa in Italia degli Angioini (1266), continuata dal fratello Matteo Villani (1280/90-1363) fino al 1363, con intenti più moralistici che documentari.
Marco Polo e il "Milione" Mercante veneziano, si recò nel 1271 con il padre e lo zio in Cina e divenne uomo di fiducia del Gran Khan Qubilai. Rientrato a Venezia nel 1292, scrisse in francese il Milione, resoconto straordinario del suo soggiorno in Cina: l'opera costituisce una sintesi potente del mondo medievale ed è una delle più famose della letteratura italiana.
Romanzi Sul ciclo carolingio e bretone, Andrea da Barberino scrisse i famosissimi Reali di Francia e il Guerrin Meschino, che godettero di straordinaria popolarità fino all'Ottocento.

La letteratura religiosa

La letteratura religiosa non è solo un esempio di spiritualità ma anche di altezza letteraria. Scrittori come Cavalca, Passavanti o Caterina da Siena sono capisaldi della letteratura trecentesca. Il libro dei Fioretti di San Francesco ci sorprende per sintesi poetica e capacità narrativa.

I "Fioretti" e la letteratura francescana

La beata Angela da Foligno (1248-1309) vede testimoniata la sua vita spirituale da un'opera di grande intensità: il Liber de vera fidelium experientia (Libro della vera esperienza dei fedeli), in cui ritroviamo il Memoriale, scritto da Arnaldo da Foligno (1292-96) sotto dettatura della beata.

Straordinaria, anche per commozione umana, la Storia di fra Michele minorita, resoconto della morte del fraticello Michele Berti da Calci, condannato dall'Inquisizione nel 1389.

Un esempio di equilibrio spirituale e limpidezza espressiva sono le Lettere del senese beato Giovanni Colombini (1304-1367, fondatore dell'Ordine religioso laico dei Gesuati). L'eredità francescana si cristallizza in un dramma più mistico e privato: l'ansia comunque non soffoca un'umiltà che diventa racconto familiare e tenero.

La letteratura domenicana

Rispetto al biografismo e alla semplicità popolaresca della scuola francescana, la letteratura prodotta in ambiente domenicano, in quello che significativamente si chiama Ordine dei Predicatori, si mostra più attenta agli aspetti dottrinari e persuasori.

Il pisano Domenico Cavalca (circa 1270-1342) fu un importante predicatore domenicano. Scrisse nove trattati religiosi, tra cui il Pungilingua, lo Specchio dei peccati e lo Specchio di croce. La sua fama è tuttavia legata alla vivace e originale libera versione delle Vite dei Santi Padri, una silloge greca (sec. VI) che raccoglie le vite di alcuni santi del cristianesimo orientale e occidentale, ricca di aneddoti.

Anch'egli predicatore domenicano, il fiorentino Iacopo Passavanti (1302-1357) scrisse lo Specchio di vera penitenza, in cui raccolse la materia delle prediche di Quaresima tenute a Firenze nel 1354. La trattazione teorica è inframmezzata da 48 esempi, racconti edificanti, centrati sulla paura della dannazione e sul gusto del tenebroso e del terribile. Tratti da storie bibliche, leggende medievali e da racconti agiografici, gli esempi, dall'atmosfera cupa e fosca, si valgono di uno stile asciutto e rapido, privo di compiacimenti esornativi.

Santa Caterina da Siena (1347-1380) fu terziaria domenicana. Dapprima senza saper scrivere, cominciò a dettare lettere di consolazione, di incoraggiamento e di esortazione a persone di ogni ceto sociale, a chiunque le domandasse aiuto, a intellettuali, condottieri, esponenti politici, contribuendo così sorprendentemente alla soluzione di diverse questioni tra i Comuni e i partiti del tempo. Le sue 381 Lettere, indirizzate fra il 1370 e il 1380 a papi, re e gente comune, mostrano un linguaggio appassionato e diretto, ricco di espressioni e richiami biblici, ma anche aperto al linguaggio parlato nella sua terra. Notevole, ma più letterario, anche il Dialogo della divina Provvidenza, dettato ai discepoli nel 1378.

La letteratura religiosa del Trecento italiano in sintesi

Letteratura francescana La letteratura francescana trova la sua sintesi nei Fioretti di San Francesco, di fine Trecento, che sono una vera sintesi della spiritualità tardo medievale.
Letteratura domenicana Domenico Cavalca e Iacopo Passavanti sono i due più grandi predicatori di questi anni; la loro scrittura è corposa e figurativa ma linguisticamente equilibrata. Santa Caterina da Siena nelle sue Lettere sa trovare un'espressione nitida e densa alla sua volontà di consolazione ed esortazione.

La lirica e la novellistica

Chiusa nell'imitazione di uno stilnovismo ormai esaurito e schiacciata dalla figura di Petrarca, di cui però è incapace di cogliere la novità dirompente, la lirica nel Trecento è destinata a esiti minori. Più vitale si dimostra la produzione novellistica: Trecentonovelle di Sacchetti si rifà al modello di Boccaccio e conoscerà una duratura diffusione.

La novellistica e Sacchetti

Il lucchese Giovanni Sercambi (1347-1424) è noto per il Novelliero, una raccolta di 155 novelle composte tra il 1374 e il 1385 ed esemplate sul modello di Boccaccio. In un linguaggio ricco di accenti parlati e di coloriture dialettali l'opera fornisce "essempli" utili all'uomo di governo, ricorrendo anche a motivi spregiudicati e scurrili, che anticipano il gusto della facezia del Quattrocento. Fra le altre opere, sempre riconducibili a un impegno civile, si ricordano Croniche delle cose di Lucca dal 1164 al 1424 (postume, 1892).

 

Franco Sacchetti

Figlio di un mercante fiorentino, Franco Sacchetti (circa 1330-1400) è l'altro grande narratore del Trecento dopo Boccaccio. Esercitò la mercanzia e partecipò alla vita politica di Firenze. In seguito alla peste del 1374 maturò una crisi morale, acuita da due avvenimenti: il tumulto dei Ciompi del 1378 (un evento sconvolgente per la sua concezione moderatamente conservatrice) e la condanna per alto tradimento del fratello Giannozzo nel 1379. La prima opera di Sacchetti è il poemetto in ottave La battaglia delle belle donne di Firenze con le vecchie (1563), composto in onore delle nozze di Maria Felice Strozzi. Sul modello della Caccia di Diana di Boccaccio, il tema giocoso del contrasto tra la bella giovinezza e la turpe vecchiaia è inserito nella struttura popolaresca di quattro cantari, maliziosamente rivisitati. Agli anni '60 risalgono le prime poesie del Libro delle rime. I versi più antichi utilizzano ora il linguaggio cortese ora quello comico; in un gruppo di poesie per musica (madrigali, cacce, ballate) vengono sperimentati ritmi vivaci e cantabili, dando vita a deliziosi quadretti. Le ultime liriche, che risentono della crisi del 1374, abbandonano questo tono leggero e adottano un atteggiamento pedagogico, tipico della produzione in prosa dell'autore.

L'intenzione etica è anche alla base del capolavoro di Sacchetti, il Trecentonovelle, raccolta composta tra il 1392 e il 1396-97, di cui ci sono giunte solo 223 novelle. Pur richiamandosi al modello del Decameron, l'opera è priva di cornice e presenta un tono di conversevole familiarità, che imprime alla narrazione il carattere di un estroso vagabondaggio della memoria. Con un linguaggio da "uomo discolo e grosso", che rifugge i preziosismi letterari e conferisce dignità artistica alla parlata quotidiana, ogni novella mette in scena un brano di vita del mondo borghese e popolare dell'epoca. La descrizione comico-realistica dei personaggi ha una funzione esemplare di insegnamento e di ammonizione, che giustifica la ragione artistica delle "moralità", cioè delle considerazioni morali dei fatti narrati, poste a suggello di ciascuna novella.

La lirica e la novellistica del Trecento italiano in sintesi

Lirica La lirica è tutta centrata sull'imitazione dello stilnovo. Sennuccio del Bene, lucido epigono dello stilnovismo; Matteo Frescobaldi con uno stilnovismo semplice, anche se un po' scontato; Antonio Beccari, che trova una sintesi di elementi danteschi con tratti della tradizione giullaresca. Nei rimatori realisti, il realismo disordinato e ribelle duecentesco si trasforma in un senso più ordinato e borghese del vivere, che contiene in sé anche un'esigenza moralistica (per esempio, Antonio Pucci).
Novellistica Giovanni Sercambi, con il suo Novelliero, è ricco di coloriture e di accenti parlati. Il grande novelliere Franco Sacchetti con il Trecentonovelle mostra equilibrio e vivacità, ma anche un "buon senso" moralistico e borghese che non era presente in Boccaccio.